martedì 3 gennaio 2017

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: CARLO CHIARA

Si sostiene che attraverso massimo sei passaggi sia possibile mettere in relazione persone e/o cose.  Per avvicinare Carluccio Chiara (classe 1951) agli “Invincibili” vale a dire agli atleti di alto profilo che hanno onorato la Valpellice percorrendone i sentieri fin dall’antica Marcia Alpina e, conseguentemente, entrare a fare parte della specifica “galleria” è sufficiente leggere la classifica del Trofeo Mario Mantelli di Torre Pellice, gara nazionale e Campionato Regionale Piemontese.
L’anno preciso sfugge non essendo presente sulla classifica ufficiale ma il “timbro” dice ancora: Seggiovie Vandalino S.p.A. sinonimo degli anni ’80 del secolo scorso. In quella classifica appare al secondo posto la staffetta del New Team Varallo per merito di Michele Incampo, Innocente Bruno e, appunto, Carlo Chiara.
Ma c’è un altro fattore che collega Carluccio agli Invincibili: all’inizio degli anni ’80 la Fidal fece il suo ingresso nella Marcia Alpina e non dappertutto lo fece “in punta dei piedi”. Nella valle degli Invincibili furono lo sport Club Angrogna e la Tre Rifugi a pagarne le conseguenze finendo marginalizzati dai nuovi rigidi regolamenti. In Val Sesia Carlo Chiara fondò, all’interno del G.S Alpini Valsesia, lo Skyrunning Valsesia aderendo alla FSA proprio per mantenere in vita la vecchia e amata specialità!!!
Eccolo, dunque, il forte atleta valsesiano nella presentazione di Luisa Lana, addetta stampa del GSA Valsesia, che ne traccia (molto bene) il profilo:
La sua prima gara risale al 1973. Si fa prestare le scarpe da atletica, e si iscrive alla Varallo-Alagna. Una competizione, in Valsesia, e anche oltre, a quell'epoca e per gli anni in cui si disputò, molto molto sentita: più di mille i pettorali a formare quel colorato e vivace serpentone che, partito dalla varallese piazza Vittorio, transitando lungo tutti i paesi e avvicinandosi man mano sempre di più alle montagne, dopo 36 km e 600 arrivava ad Alagna. 
L'edizione del 1973 è, per Carluccio Chiara (con i colori de “Il Bersagliere” di Agnona, la sua prima squadra) l'esordio nella corsa. 
Non che la voglia di correre gli fosse venuta solo allora: nato a Borgosesia il 18 febbraio del 1951 ma di origine altovalsesiana (Val Gronda di Rassa), fin da piccolo non riesce a tenere i piedi fermi. Gioca a calcio ma si fa male parecchie volte: conoscendolo, c'è da credere che già a quei tempi non si risparmiasse e cercasse affondi, dribbling, smarcature e che quindi scivolate, ruzzoloni, planate al suolo fossero all'ordine del giorno. 
Consigliato dai genitori, cambia sport, comincia a praticare il judo. E lo fa per parecchi anni, fino al termine del servizio militare. Poi però la corsa chiama, sempre di più, a voce sempre più alta, reclama attenzione, e come si fa a ignorarla? 
Appunto l'esordio di cui si diceva all'inizio; poi il passaggio al GS Lanerie Agnona, nel 1979, e poi ancora il tesseramento per il New Team Varallo. 
Anni Ottanta, anni di gare regionali, di gare importanti: un esempio su tutti, la Scarpa d'Oro Vigevano alla quale, tanto per intenderci, partecipavano campioni come Sebastian Coe, il mezzofondista britannico due volte oro olimpico nei 1.500 metri. Quindi la convocazione a una gara internazionale, a Leffe, nel Bergamasco, a rappresentare il Piemonte: che bellezza!
Le prime vittorie, che poi vengono confermate dalle altre, sempre uniche, conquistate con orgoglio ma anche grande umiltà. Il nome di Carluccio Chiara è il primo che si legge su tanti ordini d'arrivo: dalle classiche biellesi − la Biella-Graglia, che conclude in 42'52'', la Biella-Piedicavallo, chiusa con un altro tempo eccezionale, 1h07'26'', la Biella-Oropa, in 44'02'', e ancora la faticosissima Graglia-Mombarone: ci mette 1h03'53'' − alla storica Varallo-Res, dove fa registrare 48'28'', un tempo record che rimarrà imbattuto per anni. 
Partecipa ai campionati italiani di corsa in montagna, la sua passione, quella che poi lo vedrà impegnato, più avanti e ancora oggi, come allenatore e “formatore” delle giovani leve: che, correndoci sopra, amino la montagna e sappiano esprimerle questo amore; che la rispettino, che l'ammirino e la conservino intatta. 
Tra una salita e l'altra, si concede però anche qualche “sgasata” in pista: memorabile, e senza neanche averlo preparato, quel cinquemila in 15 netti (in realtà sarebbero stati 14'59'', poi omologati dal giudice di gara come 15'... che rabbia!). 
Nel 1983 una lettera che un po' è sorpresa, un po' gioia, e che un po' lo fa riflettere. 
Sergio Pennacchioni, allenatore di Gelindo Bordin (campione olimpico a Seul 1988 nella maratona, il primo italiano a vincere questa specialità olimpica), lo invita a far parte della sua società, la GAAC Verona (più tardi PAF Verona). 
Sorpresa e gioia, logico, ma anche, in parte, esitazione: accettare vorrebbe dire allontanarsi spesso dalla Valsesia, non correre più con gli amici di sempre. Però, certo, la proposta lo affascina, potrebbe diventare un'esperienza importante. E Chiara accetta, vola a Verona, dove esercita la sua passione insieme a nuovi e forti atleti, che diventeranno nuovi e poi vecchi amici, indimenticabili. Partecipa a gare in tutt'Italia, conosce moltissime persone, si fa apprezzare; anni da non scordarsi mai, che gli regalano legami indissolubili: quella che pensava potesse risolversi in un'esperienza importante lo è, lo è davvero, dal punto di vista sportivo, atletico, umano, di crescita e arricchimento personali. 
Intanto a casa sua, la New Team chiude e fa convergere molti dei suoi iscritti nel nuovo GSA (Gruppo Sportivo Alpini) Valsesia. 
Carluccio Chiara torna: il richiamo delle montagne della sua valle si fa struggente, va ascoltato e soddisfatto. 
Il GSA Valsesia esiste ancora oggi (attualmente conta più di 90 tesserati, con una buonissima percentuale di donne). E ancora oggi Carluccio ne è l'anima. Vero, è giusto ricordare le sue gare, le sue vittorie, momenti straordinari che solo la corsa sa far provare: i Giri d'Italia dei Parchi, le decine di kilometri verticali, dalla Val d'Isere a Cervinia al Monte Viso, Canazei, Predazzo, le skyrace Zermat-Plateau Rosa-Cervinia, Canazei-Piz Boè e ritorno (12 km in salita e 11 in discesa). 
La sua passione per la corsa in montagna lo convince a creare, nel 2000 e all'interno del GSA, lo Skyrunning Valsesia, per quegli atleti che amano la versione un po' “estrema” di questa disciplina. 
Si diceva, giusto ricordare le sue gare e le sue vittorie. Ma anche, certamente meno visibile e che non si legge su classifiche e graduatorie però sinonimo del campione vero, umile, generoso, l'impegno di Carluccio Chiara nel trasmettere la passione per la corsa. Obiettivo che persegue organizzando competizioni (la prima, nel luglio del 1977, nell'amata Val Gronda) di cui cura tutti i particolari: dalla logistica al percorso ai servizi offerti agli atleti al monte premi. E crescendo le giovani promesse, alle quali insegna che correre è bello e che si vince qualche volta ma che qualche volta anche e forse di più si perde, che sono fondamentali il rispetto e la lealtà, e che correndo insieme chi più chi meno si farà anche fatica ma l'amicizia che prima nasce e poi si consolida ripaga del fiatone speso. 
Forse, probabilmente, anzi: di sicuro, Carluccio Chiara avrebbe potuto fare ancora di più, vincere di più, salire più in alto. E' sceso a patti con il suo cuore di atleta: quel che ho fatto per me, mi basta; voglio che altri sappiano cosa significa correre e quanto la corsa sia meravigliosa. 
Luisa Lana