Trail Degli Invincibili

Un bellissimo Trail attraverso luoghi spettacolari, insoliti, racchiusi da una cerchia di monti dove tra tutti emerge il Cornour, da questa parte quasi inaccessibile!

Il nuovo percorso

Un nuovo Trail in Val Pellice con partenza ed arrivo dal Laghetto Nais di Bobbio Pellice!

Un occasione per conoscere la nostra Valle

Il nostro "Trail degli Invincibili", oltre ad essere un importante momento di sport vuole essere un occasione per conoscere il territorio della Val Pellice, non solo per le sue bellezze paesaggistica ma soprattutto per la sua ricca storia e cultura.

mercoledì 29 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO – LO STRANO CASO DELLA MARCIA ALPINA NEL CUNEESE


ENTRACQUE, CHERSOGNO E LA PICCOLA MARCIA ALPINA DI GARAVAGNA MONDOVI’

La Marcia Alpina era praticata su tutto l’arco alpino ma non essendoci, al tempo, regolamentazioni federali, valeva l’opzione: “Vige regolamento locale”. Questo non valeva tanto per i premi previsti ma per le caratteristiche dei percorsi.

Nell’intera Provincia di Torino ed in Valle d’Aosta i percorsi prevedevano salite in gran parte da marciare e discese molto tecniche mentre nelle altre realtà ci si avvicinava di più a quella che sarebbe poi diventata la “Corsa in Montagna”.  La realtà cuneese era più legata a questa seconda caratteristica delle competizioni di montagna. L’esempio più rappresentativo sta nella mitica Chaminado, con partenza da Cuneo ed arrivo al Santuario di Castelmagno. Una vera è propria maratona di montagna però interamente su strada.

La prova di una tradizione poco radicata sta, soprattutto, nel limitato numero dei partecipanti quando venivano proposti percorsi troppo tecnici. Ha fatto eccezione il Giro del Monviso ma il fascino del Re di Pietra era davvero irresistibile.

“SUI SENTIERI DEL RE”
ha rappresentato una delle eccezioni che confermano la regola. 21,3 i Km da percorrere con 1621 metri di dislivello positivo e 1776 negativo. La partenza era posta presso le Terme di Valdieri per salire al Colle Chiappouss, discesa alla diga del Chiotas e poi su al Colle Fenestrelle prima di precipitare al traguardo di San Giacomo di Entracque. Percorso interamente su sentieri se si escludono i circa 300 metri di attraversamento della diga. Una decina di edizioni che non hanno mai superato i 65 partecipanti complessivi. Però l’albo d’oro si fregia del nome di un campione assoluto: Marco Olmo vincitore nel 1989.

La mole del MONTE CHERSOGNO non è sfuggita alle ambizioni degli Amici di San Michele di PRAZZO in alta Valle Maira. La prima edizione, con partenza da San Michele ed arrivo alla vetta del Chersogno, vide al via 9 atleti in presenza di un monte premi costituito da 10 medaglie d’oro! Fu una sorta di “numero zero” e l’esperienza fu ripetuta nel 1987: 36 gli atleti al via con uno strepitoso Dario Viale vincitore con oltre 5 minuti di vantaggio su atleti del calibro di Bruno Poet e Silvio Calandri che in alta Valle Maira è nato e cresciuto. Nell successive ed ultime due edizioni la partenza si spostò a Campiglione prevedendo salita e discesa. 42 gli atleti classificati in entrambe le edizioni ma l’altissimo livello tecnico fece registrare le vittorie di Livio Barus e Elio Ruffino. Nella prova femminile si registrava il dominio incontrastato di Paola Didero.

L’esperienza più singolare venne realizzata in una località collinare: GARAVAGNA DI VILLANOVA MONDOVI’.

La salita della gara era così aspra che nei volantini venne definita “Piccola Marcia Alpina”. 3 edizioni, a partire dal 1991, che registrarono due vittorie di Marco Olmo. La 4° edizione fu annullata il giorno stesso della gara: il giorno precedente era venuto a mancare l’organizzatore e, in assenza di whattsapp e di telefonini, fu impossibile avvisare i potenziali partecipanti foresti…Anche a Garavagna, comunque, non si superarono mai i 50 partenti.

E dire che il cuneese ha prodotto campioni immensi che hanno raccolto gloria sui sentieri della Marcia Alpina: Marco Olmo ma con lui Silvio Calandri, Dario Viale, Graziano Giordanengo e Luciano Ellena. La passione ha costretto a lunghe trasferte gli appassionati della specialità quali Gian Carlo Mauro, i fratelli Somà, Antonino Mariconda e quel Franco Martinale imprendibile in salita.

 Carlo Degiovanni



lunedì 27 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO: BAGNOLO – MONTOSO


L’IMPRESA DI LIVIO BOAGLIO, L’ENFANT DU PAYS ALFIERE DEL GLORIOSO S.A. BAUDENASCA
Il panorama delle Marce Alpine targato secolo XX° non era solo presidiato da appuntamenti dal sapore mitico e con cenni di internazionalità. Essendo talvolta l’unico sport praticabile nelle località alpine era consuetudine allestire appuntamenti agonistici con ambizioni inferiori finalizzati a sfide legate al proprio territorio.

Succedeva in tutte le vallate alpine e la Valle Infernotto non era da meno proponendo, oltre al classico e infinito MEMORIAL MAURINO, della Frazione Villar Bagnolo, altri due appuntamenti…minori: RUCAS – PUNTA RUMELLA e BAGNOLO – MONTOSO con relativi ritorni.

La Valle Infernotto è una modestissima vallata che interessa esclusivamente i comuni di Barge e Bagnolo in Provincia di Cuneo. Scende dai monti Rumella e Meidia e si propaga sul territorio sottostante fino ad impattare con i confini esterni dei suddetti Comuni. E' sede, anche se la cosa sembra, per via dei toponimi, blasfema, di un conosciuto luogo mistico di meditazione in località Pra 'd Mil dove tre monaci cistercensi hanno rivitalizzato un antico monastero.
L'intero territorio è bagnato dall'omonimo Rio Infernotto, modesto nelle dimensioni da non potere essere neppure definito torrente né tanto meno fiume, ma perfettamente in linea con le dimensioni dell'intera valle. Nella parte alta della vallata è presente un rifugio detto, ovviamente, Infernotto, antica costruzione forestale acquisita negli anni recenti dalla voracità del CAI di Barge che ne ha fatto sede di mostruose e ristoratrici “braciolate”. Più in basso il Castello Malingri da un tocco di araldica nobiltà all’intera vallata.

Il fatto che fossero gare considerate minori non ha impedito che fossero frequentate da atleti più “local” ma di assoluto valore! Andando ad analizzare le classifiche della gara più tecnica, Rucas - Punta Rumella – Rucas (Km. 12 – Mt. 900 dislivello positivo) si leggono, in qualità di vincitori i nomi maschili del cavourese Guido Turaglio, del lusernese Rinaldo Bruno Franco e del pinerolese Gabriele Barra; da Angrogna proveniva invece Ivana Giordan che con la lusernese Claudia Metti tenne alta la fiaccola della partecipazione femminile.

Più in basso, con partenza ed arrivo a Bagnolo, si svolsero 5 edizioni della Bagnolo – Montoso – Bagnolo. Il dislivello rimaneva di 900 metri, come nella prova più in quota, ma la distanza era di 16 km e, conseguentemente, il tracciato meno tecnico e più adatto a corridori veloci anche se in larga misura su sentieri. Delle 5 edizioni si ha memoria storica solo di 4 essendo una edizione (1988) ancora oggetto di contenzioso per errori di percorso che non permisero l’elaborazione della classifica finale. Errori favoriti anche dalla segnalazione bicolore in quanto per rinfrescare le tracce gialle precedenti era stata utilizzata una vernice arancio recuperata all’ultimo minuto. Arancio che, a detta dell’astuto venditore sprovvisto della tinta ambita: “Come giallo va ancora abbastanza bene!” Il VAR allora non era ancora stato inventato e Mario Andreolotti, vincitore morale, ritirò il premio senza cerimonia conclusiva resa impossibile dalla precarietà degli ordini di arrivo…

A conferma della scorrevolezza del percorso i vincitori sono stati atleti veloci quali Renato Aglì, Roberto Saretto e Alberto Senor. Ivana Giordan, Isabella Gatti e Tiziana Semeraro le protagoniste femminili.

L’eccezione a quanto sopra citato fu l’Enfant du Pays LIVIO BOAGLIO.  Nella edizione 1987 si impose in solitaria davanti ad una coppia di campioni del calibro di Renato Jallà e Poet Bruno giunti appaiati 2 minuti dopo il campione bagnolese.

Livio Boaglio appartiene, al vero, alla categoria degli specialisti della Marcia Alpina e la sua carriera sportiva ha dovuto fare i conti con il lavoro che ha dettato e limitato i ritmi degli impegni domenicali. Ha fatto parte della corazzata del S.D. Baudenasca che, agli ordini di Gabriele Barra, regge la scena da decenni dello sport di montagna pur avendo sede nella piatta pianura della bassa pinerolese.
Al suo debutto l’atleta bagnolese fu il portacolori del Gruppo Podisti Bagnolo che annoverava tra le sue fila Domenico Bruno Franco, Domenico Piccato, Flavio Bertone, Dante Cardia, e Lorenzo Coalova. Gli atleti bagnolesi migrarono poi in altri lidi sportivi quali l’Atletica Cavour e la citata S.D. Baudenasca.
Carlo Degiovanni


























sabato 25 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO – LO CHABERTON


Settantadue “pazzi” di corsa sullo Chaberton, titolava Stampa Sera (la Stampa del lunedì) raccontando di quella impresa compiuta la domenica dopo il ferragosto 1975. Settantadue per significare un’enormità e “pazzi” perché solo dei pazzi potevano pensare di partecipare a competere su un terreno così arduo.

Era il mitico Chaberton del secolo scorso, in epoca ante “Spirito Trail”, caratterizzata dalla esclusiva componente agonistica. Partenza da Claviere e poi, attraversata la dogana francese, si saliva transitando per Sette Fontane ed il Colle Chaberton fino a raggiungere la vetta. La discesa era una sfida alle capacità individuali di equilibrismo infilando dritto per dritto la Cresta Nera che precipitava su Cesana affollata di gente lì convenuta per assistere l’impresa.  18 km circa con 1400 metri di dislivello positivo e ben 1800 negativo. A salutarne la partenza le campane di Claviere azionate dalla passione di Don Bruno, parroco del tempo.

L’idea di allestire l’impresa fu dell’Associazione Turistico – Sportiva Pro Cesana che poteva contare sulla collaborazione di Ferruccio Mosso. Nelle prime edizioni si svolse per coppie di atleti, come le discipline di derivazione sci alpinistica poi, a fare data dal 1974, si passò alla formula individuale.  Non ho conoscenza di quali furono i campioni che si affermarono nella formula a coppie ma, per racconto diretto, posso testimoniare che prese parte alla contesa anche un’autorità mondiale nel campo dell’atletica: l’allenatore torinese RENATO CANOVA. In gioventù si cimentò nell’impresa e racconta ancora oggi come, dopo una salita dignitosa, gli toccò trasportare a spalle il collega d’avventura in alcuni tratti di discesa in quanto lo stesso manifestava timori nel scendere le corde fisse della Cresta Nera.

Non di meno conto l’avventura di MARIO VIRETTO E SERGIO GUGLIELMINO (Cuatto Giaveno) che, senza alcuna esperienza pregressa provarono l’intero tracciato il giorno precedente la gara e, constatato l’ottimo tempo in prova, risalirono il giorno dopo per cogliere l’annunciato trionfo! Il Monte si fece carico di imporre ai due temerari una severa lezione che servì loro nel futuro per più umili ma brillanti prestazioni.

Come detto, dal 1974 la gara si fece individuale e le prime due edizioni videro il trionfo dell’Olimpionico WILLY BERTIN. Sul gradino più alto dell’unico podio previsto salirono i fuoriclasse della specialità: EDO ED ELIO RUFFINO, SILVIO CALANDRI, FRANCO NAITZA, LIVIO BARUS e forse altri dei quali non conservo memoria.

La presenza femminile era limitata nei numeri, come insana tradizione un tempo della disciplina, ma di qualità eccelsa.  Dalla Valle Germanasca arrivava la capostipite delle vincitrici: MARIA GRILL (così dice la classifica) che con i famigliari RINA, ELSA, MARISA, GINO, MAURO e ALDO formavano la famiglia più numerosa partecipante all’evento. Giunsero a mani alzate a Cesana anche MADDALENA GOZZANO, IVANA GIORDAN, SEVERINA PESANDO, CLAUDIA PRIOTTI, PAOLA DIDERO. Come non ricordare, però, le numerose partecipazioni della professoressa GIULIANA FRIGERO.

Gli atleti, prima dell’avvento dei bastoncini, salivano a passo di corsa fino poco oltre Sette Fontane e poi la marcia si faceva obbligatoria spingendo sui quadricipiti con le braccia a pantografo. Su quella salita si compì l’impresa di PIERGIORGIO CHIAMPO che toccò la vetta dopo 59’13”. Pagò il grande sforzo cedendo a MARIO ANDREOLOTTI vittoria e record della manifestazione: 1.33’18”! Era l’8 agosto del 1982.

I 1800 metri di dislivello di discesa transitando dalle rocce della Cresta Nera precipitanti su Cesana furono coperti in 34’56” da RUFFINO ELIO, il funambolo di Coazze. Gli organizzatori, infatti, per alcune edizioni elaborarono classifica e tempi di salita e di discesa. Peccato non avere il riscontro cronometrico della discesa del record di MARIO ANDREOLOTTI.

Le docce del tempo consistevano nella Dora Riparia che rinfrescava le gambe dei protagonisti dell’impresa; un’accogliente area verde fungeva da ristorante proletario “al barachin” in attesa delle premiazioni. Tutto questo con il contorno di centinaia di spettatori che da Cesana controllavano con il binocolo l’ardua discesa dalla Cresta Nera prima di accogliere con un soffocante abbraccio finale i “72 pazzi” da cui siamo partiti per illustrare una gara leggendaria!

L’avventura finì con l’edizione 1992 che vide la partecipazione di una sparuta pattuglia di 47 concorrenti. Il mondo della Marcia Alpina stava cambiando e si andava affermando un modello con formule tecniche meno estreme. D’altra parte lo Chaberton dovette fare conti, nei primi anni ’80, con le rigidità federali che prevedevano percorsi più confacenti ai corridori che ai marciatori.

La gara dello Chaberton, però, è rinata come un’araba fenice in questo secolo. Quella piramide è troppo sfidante per non indurre a tentazione gli organizzatori. Ci provarono prima i francesi che, in collaborazione con Cesana, allestirono la Maratona dello Chaberton: 42 km con partenza ad anni alternati da Monginevro e da Cesana. Poi toccò a Cesana prendere in mano in esclusiva la gestione dando alla gara una caratteristica meno estrema soprattutto nella discesa ed allungandone il tracciato prevedendo partenza ed arrivo da Cesana.

Oggi i partecipanti superano alcune centinaia riscoprendo, o scoprendo, la bellezza della disciplina sportiva che porta gli atleti a filosofare e faticare sui sentieri montani. Però il mito inavvicinabile dello Chaberton è rimasto là, nel secolo scorso, quando “Settantadue pazzi” costruivano l’epopea della storia della Marcia Alpina.

Carlo Degiovanni

venerdì 24 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO – TAVAGNASCO


Il quesito rimane sempre lo stesso in attesa di soluzione toponomastica: come si chiama la Valle d’Aosta prima che diventi Valle d’Aosta? Ossia da Ivrea a Quincinetto?

Il quesito ha tormentato i pensieri degli atleti di questa parte della Provincia torinese, sospesa tra le terre Valdesi e la realtà che ospitò il “militare Totò”, nel corso del viaggio di avvicinamento al luogo di fatica domenicale. Erano gli anni ’70 del secolo scorso e partecipare ad una gara “quasi in Valle d’Aosta”, famosa per ospitare la crema della specialità, rappresentava una medaglia sportiva da conservare e riservare per i senili ed epici racconti alla nipotaglia di vario genere.

Lascio da parte l’augusto quesito per dedicarmi a raccontare, sia pure in colpevole sintesi, l’epopea della più antica, storica e dura gara di Marcia Alpina giunta, nell’era “ante virus”, alla sua 68° edizione celebrata il 21 luglio 2019: Tavagnasco – Madonna ai Piani.

Ha attraversato tutte le epoche dello sport dei corridori di montagna fin dal 1952 quando Cesare Franchino e Vittorio Elli guidarono una pattuglia di giovani indigeni nella sfida volta a raggiungere, dal classico ponte sulla Dora, la cappella posta ai Piani di Tavagnasco dove si celebrava la Messa in occasione della festa annuale. 


Inconsapevolmente diedero vita ad un avvenimento che non cessò più di esistere divenendo l’immancabile appuntamento onorato dal Gotha della specialità. Per la cronaca e per la storia l’impresa venne compiuta in 45 minuti circa!La longevità della manifestazione ha determinato il cambio della denominazione stessa passata da Marcia Alpina delle prime edizioni a Corsa Alpina ai Piani fino a Corsa in Montagna ai Piani di Tavagnasco. Feroce il percorso di gara: 4,5 km e 1040 metri di dislivello, un kilometro verticale ante litteram. Partenza (classica) dal Ponte Dora e poi un breve tratto di asfalto permette ai partecipanti di scaldare i motori e poi si sale senza pietà per gradini e gradoni che attraverso i boschi di castagno conducono ai prati finali che assistono increduli all’agonia dei partecipanti accolti, infine, dalle campane della Chiesa della Madonna ai Piani e dal consueto e cospicuo ristoro finale.

Al vero le misure tecniche della manifestazione subirono, negli anni ’80, gli strali del neonato, in seno alla Fidal, Comitato Regionale di Corsa in Montagna che ne chiese una profonda modifica non ritenendole in linea con i nuovi regolamenti. Li si dispiegò l’astuzia del montanaro che provvide a modificare virtualmente la distanza sul volantino portando il tracciato alla lunghezza teorica di km 8. Modifica teorica perché in pratica il tracciato rimase invariato.  Il Comitato organizzatore dovette poi cedere in occasione della promozione della manifestazione a livello nazionale. In cambio di una nutrita e qualificata partecipazione nazionale si dovette procedere a rendere meno aspra la salita inserendo dei traversi atti a fare riposare i garretti dei marciatori. Il tracciato, così modificato, ospitò ben due prove del Campionato Italiano nel 2006 e nel 2018.

Brevi e obbligatorie parentesi che non hanno impedito alla manifestazione di tornare costantemente sul tracciato originale. Peraltro, in alcune edizioni della metà degli anni ’70, la formula utilizzata fu quella di prevedere altre alla salita citata anche la discesa per lo stesso tracciato.

Dicevo della durezza del tracciato ma tutti ricordano la “sentenza” di Remo Franchino che della gara disputò 23 edizioni con due vittorie: Ai miei tempi era dura la vita…non la corsa”! Dissertazioni e giuste dissacrazioni pronunciate ancora una volta dalla saggezza montana!
Non provo nemmeno a ripercorrere il Pantheon dei vincitori e delle vincitrici delle 68 edizioni disputate fino ad oggi: un completissimo sito www.corsaaipiani.it vi renderà edotti di ogni curiosità in materia.


Mi limito a ricordare che i Piani di Tavagnasco sono la Patria dell’indimenticabile Marco Morello e che su quelle asperità svetta ancora, sul tracciato originale, l’imbattuto record di Pier Giorgio Chiampo, l’uomo che salì i 1400 metri dello Chaberton in 59’13”, che nella edizione 1982 salì i 1040 metri di dislivello in 37’36”.

Tutto questo è avvenuto ed avviene a Tavagnasco, una località situata dove il Piemonte sente già profumo di Valle d’Aosta che abita appena più in là, scavallati ancora i territori di Quincinetto e Carema; un piccolo Comune abituato a fare le cose in grande, dalla musica (Tavagnasco Rock) allo sport con la manifestazione citata: tradizione e innovazione sorretti dalla capacità gestionale che caratterizza questo piccolo Comune. Realtà montane dove la collaborazione è ancora un valore.

Sarà dura la realizzazione della 69° edizione nell’anno del virus 2020. Forse la Marcia Alpina di Tavagnasco, come amo chiamarla, dovrà prendersi un anno sabbatico al pari dell’intero calendario di corse sui monti ma, nel caso, l’appuntamento sarà solo rinviato conoscendo il carattere forte degli appassionati locali guidati dalla capacità ed esperienza tecnico – organizzativa della ASD Monterosa Arnad. Società sportiva che nella sua denominazione ricorda Mauro e Giuseppe Fogu, protagonisti della specialità che adesso gareggiano su altri ed alti monti ma sono vivi nel ricordo del mondo dei faticatori di montagna.

Chiudo questo breve excursus chiedendovi di risolvere il quesito iniziale. Così, per potere riprendere a dormire serenamente le mie notti.

Carlo Degiovanni

mercoledì 22 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO – COAZZE - PICCHI DEL PAGLIAIO

Bisognava risalire la Valle Sangone deviando su strade secondarie per raggiungere la piccola frazione Cervelli di Coazze che per un giorno diveniva la meta obbligatoria dei Campioni della Marcia Alpina.

Da quel pugno di case, dotate di locale ed efficiente trattoria, prendeva il via e vi faceva ritorno una delle più importanti, impegnative e frequentate gare della specialità. Dodici i km ed un dislivello che si aggirava sui canonici 1000 metri. Non erano misure tecniche eccelse ma l’asperità del tracciato l’ha assegnata alla categoria delle gare “monumento” al pari della Tre Rifugi, dello Chaberton o della più recente Tre Funivie. 

Ottanta metri taccagni di asfalto prima di incunearsi nello stretto sentiero, oggi si direbbe “single track”, che prima attraverso boschi, poi i prati degli alpeggi del Ciargiur ed infine le creste raggiungeva la base delle rocce finali dei Picchi del Pagliaio. Un timbro sul braccio a testimonianza del passaggio e via per la discesa che, dopo un breve anello, riprendeva in senso inverso lo stesso percorso. Terreno buono per atleti dai garretti buoni in salita e funamboli in discesa, meno per i cosiddetti “stradisti”.

Gara dall’antica tradizione con ben 21 edizioni con le radici nel 1970 quando la società sportiva Cuatto di Giaveno, costituita da appena due anni, decise di onorare e ricordare Alberto Cuatto e Pierluigi Terzago che sui Picchi del Pagliaio persero la vita il 14 luglio 1963. 

Sul palcoscenico dei Picchi sono saliti i campioni delle Valle Sangone ad iniziare dai fratelli Ruffino che alle meire del Ciargiur trascorrevano le stagioni dell’alpeggio. Attori protagonisti sono stati altri storici campioni delle società di valle quali Carlo Dalmasso, Mario Viretto, Sergio Guglielmino e Aldo Vercellino. A eccellere con la maglia dell’U.S. Coazze fu, però, uno “straniero”: Giuseppe Genotti. L’atleta canavesano è da considerarsi uno dei massimi esponenti della specialità, una forza della natura derivante (anche) dal suo mestiere di montanaro.

E poi c’erano gli atleti, diciamo di seconda fascia che, pur senza vantare ambizioni di vittoria, non volevano mancare all’appuntamento con la prestigiosa gara. La competizione tra di loro non era meno feroce di quella riservata ai “podisti”, intesi con questo termine coloro che ambivano a salire sul podio. Il dopo gara, trascorso rigorosamente a consumare il pasto vuoi sui prati o vuoi in trattoria in attesa di classifiche e premiazioni, era frequentato dalla narrazione di mille episodi talvolta ammantati di una aureola di leggenda. Tra questi uno è divenuto piuttosto famoso e riguardava gli atleti della Atletica Cavour:

PICCHI DEL PAGLIAIO – 18° EDIZIONE – CRONACA DI UN (MIS)FATTO 

L’Atletica Cavour sale in Val Sangone nell’estate del 1988. Fanno parte della compagine Benech Ivano, Claudio Sobrero, Guido Turaglio, Claudio Jordan, Goitre Luciano, Mosso Elio i fratelli (2) Degiovanni ma, soprattutto loro: Gianfranco Petitti, l’”anziano” del gruppo e Salvatore Gallo, medico in Cavour ed appassionato di “Imprese sportive”.

Ma veniamo al (mis)fatto: i nostri si avventurano in Valle destinazione la Borgata Cervelli da dove dovrebbe prendere il via la gara dei Picchi del Pagliaio. Una classica della Corsa in Montagna, una gara “dura”, una vera e propria perla per la collezione del Dottor Gallo.
Il meteo è decisamente avverso e dapprima Luciano Goitre, in funzione di navigatore e poco propenso a prendere parte alla gara, tenta intenzionalmente di condurre la comitiva verso l’Aquila di Giaveno poi desiste ed il Gruppo giunge finalmente a Borgata Cervelli ed è lì che succede qualche cosa che ha fatto molto arrabbiare in particolare Petitti il “Vecchio” e Gallo il “Dottore” al punto che decisero di rinunciare alla gara menomata delle sue esaltanti e sfidanti caratteristiche tecniche.

Il “fatto” è stato messo in musica prendendo a prestito le armonie della Gucciniana “Un vecchio e un bambino” ed adattandone il testo alla bisogna:



Un Vecchio e un Dottore un dì non lontano
Andarono insieme in Valle Sangone
La gara era dura, il tempo villano
Ma loro avevano una grande passione

Ai Picchi Pagliaio dovevano andare
E niente al mondo li poteva fermare
Neppure la strana sensazione di errore
Quand’erano in viaggio da due e più ore

E Gimmi rideva guardando lontano
“stamane li porto un po’ fuori mano”
Ma il vecchio esclamo con le mani nei capelli
Di qui non si va a Borgata Cervelli!!!

E giunsero infine nel luogo predetto 
Il cielo era nero, di un nero maledetto
Cadeva la pioggia, il tempo villano
Salire al Picchi era una gesto insano

Il Giudice Fidal sentenzia che adesso
Ai Picchi non si va ma si corre lo stesso
C’è un altro sentiero che è già collaudato
Si sale nel bosco e si scende nel prato


Il Dottore ristette, lo sguardo era triste 
i suoi occhi vedevano cose mai viste!
Il Vecchio adirato non sapeva che fare
“Clapier, i nostri soldi fatti ridare!”

I due passeggiavano e l’acqua cadeva
Il Dottore parlava e il Vecchio piangeva
“Ricordi lo Chaberton e la Tre Rifugi
Quelle si eran gare da fare senza indugi”

“Se avessi potuto, se mi avesser lasciato,
i Picchi Pagliaio li avrei fatti in un fiato
non c’era pietà per i tre Degiovanni
e Bocco o Sobrero non mi davano affanni”

Il Vecchio ascoltava con gran comprensione
Lo sfogo di chi si sentiva un Campione
Poi disse al Dottore, con voce tremante
“Mi piaccion le fiabe…raccontane altre…”

Carlo Degiovanni


sabato 18 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO: LA CUMIANA – TRE DENTI


IL CAI, L’ATLETICA CUMIANA E L’ENFANT DU PAYS (in illo tempore) ALDO TURINETTO



L’avvistamento della caserma dei Carabinieri rappresentava la visione tanto attesa dopo un’ora e spiccioli di scivolosi equilibrismi. Non tanto per la sicurezza che trasmetteva la vista dell’insegna dell’Arma quanto per l’annuncio visivo che, sommato alla voce amplificata di Giorgio Mago, preannunciava la fine dell’attività di giornata ma anche, dell’intera stagione agonistica di quello sport che anticamente si chiamava “Marcia Alpina”.

Sotto l’accogliente e protettiva ala comunale si concludeva una singolare manifestazione sportiva: la TRE DENTI di Cumiana. La Tre Denti stava alla Marcia Alpina come il Trofeo Baracchi al ciclismo in epoche nelle quali le brume settembrine ricordavano agli agonisti che era giunto il tempo del recupero fisico con l’approssimarsi dell’autunno.

Appuntamento immancabile, quindi. La festa finale con un bicchiere di tè e l’attesa della premiazione sapientemente ingannata dallo speaker che distribuiva a mani basse, conditi da spassose ma riverenti battute, premi a sorteggio di varia foggia.

L’attesa sarebbe venuta a meno nelle ultime edizioni stante l’irruzione pionieristica dell’informatica, sia pure quella primogenita delle schede perforate, introdotta da Giorgio Mago, ma si stava così bene insieme a scambiarsi promesse di spettacolari rivincite da realizzare sicuramente…nella prossima edizione!

Singolare manifestazione per la formula tecnica poco praticata, ovvero a cronometro individuale, che consentiva di ingannare la fatica facendo continui calcoli su vantaggi e svantaggi basati sul numero di pettorale dei compagni di avventura incrociati sul terreno di battaglia. Anche il tracciato aveva un qualcosa di singolare: 15 km suddivisi in modo uguale tra salita e discesa faticando sulla stessa traccia che andava e tornava circa 1000 metri più in su. Quarantadue minuti circa a salire e una ventina a scendere per l’olimpo.
Il percorso aveva un che di ingannevole: i primi due chilometri e spiccioli, scorrevano via veloci su una lingua d’asfalto che rappresentava una bestemmia per i puristi della specialità. Su quel terreno i “velocisti della piana” celebravano, ahimè anzitempo, la loro apoteosi divorando decine di avversari agognanti la fine del calvario bituminoso. L’inizio del sentiero, poi, rendeva giustizia a questi ultimi costringendo i primi ad un gesto atletico poco consono (l’Albatro di Baudelaire può rendere l’idea) ad affrontare le asperità sempre maggiori del sentiero.

Lo spettacolo, però, era rimandato sul tratto finale che dal colle portava alla vetta Tre Denti. Terreno più di arrampicata che di marcia reso ancora più complicato dal via vai di atleti impegnati chi in salita e chi in discesa a confrontarsi con l’impietoso cronometro. Nonostante la presenza di una piccola cappella sulla vetta, cui si giungeva con l’aiuto di una corda e dell’assistenza della locale sezione del Cai, la leggenda narra di impietosi ed irripetibili epiteti rivolti a tutti i santi del cielo, talvolta ammantato dal plumbeo settembrino, da parte degli atleti alla loro prima incolpevole ed inconsapevole partecipazione!
La discesa, sovente confortata dalla pioggia autunnale in quel tempo ancora di moda, rappresentava il festival dell’equilibrismo con gli atleti impegnati a scivolare ora di piedi ed ora di terga cercando di limitare i danni abbracciando, qua e là, qualche pietoso ramo di castagno proteso nell’aiuto estremo. A volte si finiva direttamente sul tronco e ciò metteva fine alle ostilità!

La lingua finale di asfalto non influiva sull’esito finale della battaglia avendo esaurito tutti, corridori e marciatori, eventuali pretese specialistiche da fare valere. Si attendeva solo la “visione” dell’insegna della caserma dell’Arma e la voce tonante di Giorgio per ritrovare la pace con se stessi e la soddisfazione di avere concluso integri l’impresa sportiva.La TRE DENTI, opera prima del CAI Cumiana, ha vissuto dal 1970 fino a fine secolo. Il debutto era stata una semplice e goliarda sfida di amici indigeni per misurare il proprio grado di pazzia creativa e per sfuggire ai richiami di Flavio Motta, di professione parroco, che li attendeva per la messa domenicale.
La nascita di una società locale, l’Atletica Cumiana, sostenuta prima da Guido Canalis al debutto e poi dal Mobilificio Toscano, dalla Stilcar e infine da Franco Freni, trasformò la goliardia in uno dei più prestigiosi appuntamenti agonistici piemontesi e l’albo d’oro sta lì a dimostrarlo: atleti del calibro di Marco Treves, Felice Oria, Erminio Nicco, Edo ed Elio Ruffino, Carlo Dalmasso, Guido Turaglio, Gabriele Barra, Franco Naitza ed il recordman Mauro Brizio. Occorre dare anche il giusto riconoscimento alla qualificatissima schiera di protagoniste femminili quali Tiziana Semeraro, Mariangela Grosso, Lorella Frasson e poi ancora Claudia Priotti, Isabella Gatti, Maria Long e Ivana Giordan.
Appena dietro c’era l’enfant du pays, Aldo Turinetto, ottimo atleta di un tempo ed al momento attuale mio compagno di moderate sudate in barcollanti avventure di agonismo attempato. Nella edizione del 1975 fece il suo esordio su quei sentieri nell’incoscienza dei 15 anni. Però, se la cavò bene, nell’esordio: 37° a soli 15 minuti dall’esperto ed affermato Felice Oria! Chissà se un giorno riuscirà a trovare a chi indicare la strada per riproporre l’avventura…
Carlo Degiovanni

mercoledì 8 aprile 2020

ALLENARE LA CORSA IN MONTAGNA. L’EREDITA’ TECNICA DI RAIMONDO BALICCO


A NOVEMBRE SI POTRA’ RICOMINCIARE…SERIAMENTE.


Spero di fare cosa gradita, in questo momento di sospensione dell’attività agonistica, socializzare con voi uno “schema di allenamento” da utilizzare per la stagione agonistica 2021. Schema di allenamento non significa “tabella” che semmai potrà essere individualmente costruita utilizzando questo riferimento generale ed inserendo i vostri lavori specifici che non possono che essere individuali perché non siamo (siete) tutti uguali ed il carico di uno può non essere utile, o essere addirittura dannoso, per altri.

E’ frutto della esperienza indiscutibile di Raimondo Balicco che lo illustrò nel 1987 a Cavour nel corso del Convegno “Correre la Montagna” al quale partecipava con il ruolo di relatore tecnico. Un insegnamento che conservo prezioso regalatoci da una Persona cui la Corsa in Montagna deve molto, come atleta, allenatore e dirigente. Raimondo ci ha lasciati in questo maledetto mese di marzo. Attualmente era Sindaco di Mezzoldo, comune montano in Provincia di Bergamo.

Altre raccomandazioni in premessa:

  •       Mantenete sempre una componente ludica (divertimento) per essere in condizione di affrontare anche la parte più impegnativa. Se non c’è la componente del divertimento è meglio fare altro!
  •       Nelle varie fasi proposte ad esclusione della prima, ossia la preparazione invernale, realizzate dei cicli di 5 settimane delle quali 4 di “lavoro” ed una di “recupero” sia pure attivo. Tenete conto che l’allenamento più difficile da far fare ad un atleta che abbia mire agonistiche è il riposo e, conseguente, il recupero: è indispensabile quanto i carichi di lavoro! 
  •      Ascoltate il vostro fisico: valutate sempre, in corso d’opera, la sua risposta agli allenamenti. Con la maturità che dovrebbe essere propria di un atleta adulto procedete ad aumentare o ridurre i carichi di lavoro.
  •      Alternate sempre sedute di carico con sedute di scarico / recupero. Se interviene una malattia o un infortunio (brevi) non abbiate fretta di recuperare il tempo perduto. Ripartite da dove vi siete fermati con gradualità.
  •        Ancorché abbiate scelto di correre sui sentieri montani non trascurate la velocità di base che non deve mai mancare almeno una volta alla settimana!
  •         Questo schema è tarato per la pratica della “Corsa in Montagna” sulle distanze e dislivelli che caratterizzavano la specialità negli anni ‘70/’90 (dislivelli dai 300 agli 800 metri e tempi di gara attorno ai 60 minuti). Sappiamo tutti quanto sia cambiata e diversificata la specialità in questi ultimi decenni. Conseguentemente occorrono gli adattamenti utili alla specialità che avete scelto (Trail di lunghe distanze, Sky Race o Sky Marathon con percorsi particolarmente tecnici ecc…)
  •      Lo schema era pensato per dei “professionisti” ovvero gli atleti della Forestale Roma. Ovviamente va tarato, nella quantità dei giorni, alle vostre esigenze lavorative e famigliari. Un programma di allenamento, però, non può scendere sotto i tre appuntamenti settimanali (minimo sindacale).

Un programma di allenamento deve essere finalizzato ad un obiettivo. La distribuzione temporale (mesi di riferimento) del programma è finalizzata a raggiungere la “forma” nei mesi di Giugno / Settembre. Una volta si diceva che il massimo della forma può essere mantenuto per 2 / 3 mesi. Questo vuol dire che negli altri periodi occorrerà fare i conti con prestazioni “precarie”. Se pensate di volere andare forte da Gennaio a Dicembre lasciate perdere l’allenamento ed andate semplicemente a correre.

Se lavorate bene raggiungerete il massimo dei risultati che il vostro fisico vi permetterà. Non abbiamo tutti, per natura, gli stessi cavalli nel motore. Allenarsi bene per qualcuno vuole dire potere vincere e per altri…migliorarsi. E’ un limite che, volenti o nolenti, dobbiamo sapere accettare!

 IL PROGRAMMA

Nella Corsa in Montagna la preparazione annuale viene suddivisa in tre periodi principali: Invernale, Pre agonistico e agonistico.

PERIODO INVERNALE

NOVEMBRE – DICEMBRE:
-        Costruzione organica, esercizi di forza, elasticità, mobilità articolare, potenziamento degli arti inferiori, addominali, dorsali e glutei.
-        Resistenza aerobica partendo da 40 minuti fino a raggiungere 70/80 minuti per allenamento. Tecnica di corsa.
-        In questo periodo la resistenza aerobica viene eseguita su terreno pianeggiante, strada asfaltata e terreno da cross.

GENNAIO – FEBBRAIO:
-        Esercizi di richiamo di forza, elasticità e mobilità articolare. Potenziamento naturale all’aperto.
-        Prove ripetute (potenziamento) in salita massimo 70 metri.
-        Resistenza aerobica su percorso ondulato e/o pianeggiante fino a 80/90 minuti.
-        Potenza aerobica ripetizioni lunghe serie 8 x 1000 o 4/5 x 2000 con recupero di 2/4 minuti

PERIODO PREAGONISTICO

MARZO – APRILE:
-        Esercizi di richiamo di forza, elasticità ecc…
-        Resistenza aerobica e lattacida. Serie di 400 mt in piano
-        Esercizi di agilità e destrezza fra ostacoli, slalom fra piante o altro per abituarsi alla discesa.
-        Adattamento alle salite ed ale discese percorrendo percorsi di montagna una volta la settimana a dislivello crescente.
-        Gare di Cross

PERIODO AGONISTICO

MAGGIO:
-        Brevi esercizi di richiamo forza, elasticità ecc…
-        Resistenza aerobica 70/80 minuti.
-        Potenza aerobica serie ripetute 1000 – 2000 mt.
-        Prove adattamento corsa in salita e discesa con incremento dislivelli
-        Gare preparatorie di adattamento

GIUGNO – LUGLIO – AGOSTO – SETTEMBRE – OTTOBRE:
Mantenimento della forma con esercizi di richiamo sia della resistenza che della potenza aerobica
Schema di allenamento nel periodo agonistico:
Lunedì – Fondo lento su terreno morbido per assorbire la fatica della gara (60/90 minuti)
Martedì – Fondo medio 30 minuti, ripetute 8 x 1000 o 4 x 2000 con recupero di 2/4 minuti. Defaticamento.
Mercoledì – Allenamento su percorso di montagna.
Giovedì – Fondo lungo 70/80 minuti con cambi di ritmo e brevi allunghi finali.
Venerdì – Corsa leggera in progressione per 30 minuti con allunghi finali.
Sabato – Corsa leggera su terreno soffice per 30 / 40 minuti in scioltezza
Domenica – Competizione.

Spero, con questo, di avervi dato un’idea di carattere generale per l’impostazione della preparazione agonistica finalizzata alla stagione 2021.

Per quest’anno spero, ma al momento è solo una speranza, si possa arrivare a praticare anche la sola corsa sui sentieri: provate a percorrere, a passo lento, i tracciati delle vostre gare e osservate quanto di bello vi ha fatto perdere l’ossessione del cronometro! Se così sarà l’anno non sarà sprecato!

Carlo Degiovanni


 





lunedì 6 aprile 2020

SCUSATE, MI SI E’ SPENTA LA VOCE!

ANNO 2020: ADDIO ALLE GARE MA NON ALLE CORSE E ALLE CAMMINATE: PESSIMISMO O REALISMO?
                                                      LIBERE RIFLESSIONI SUL TEMA
Un chiarimento è d’obbligo, in premessa. Le gare sono appuntamenti sportivi che prevedono una struttura organizzativa e la presenza di un numero di atleti che gli organizzatori auspicano il più alto possibile.

La corsa è un gesto biodinamico che prevede un attimo di sospensione contemporanea di entrambi i piedi da terra e la camminata non prevede neppure questo obbligo. Sia la corsa che la camminata possono (anche) essere fatte in solitudine o in limitata compagnia.

Chiarito il quadro di riferimento qual è il senso di questo scritto? Provare a discutere liberamente sulle reali prospettive di ripresa dell’attività agonistica. Personalmente mi sto convincendo che per il 2020 il discorso “Gare” sia sostanzialmente chiuso. Molte le manifestazioni già annullate e molte ancora legate al filo della speranza, quasi del miracolo che faccia in modo nel breve che… “E’ stato solo un brutto sogno”! Ed in questo caso la precarietà è democratica perché interessa sia le gare di Paese che le grandi manifestazioni internazionali.

Se ciò dovesse verificarsi credo che Federazione ed Enti debbano anche fare una seria riflessione su costi di riaffiliazione e tessere per il 2021 ma non è ancora il momento di affrontare questo tema.
Veniamo al dunque: provo ad esporre in termini sintetici le mie perplessità alle quali potrete aggiungere le vostre o sottrarne alcune delle mie:

1 – Non so, e non è solo un mio limite, quando sarà passata l’emergenza ma so, e di questo penso siate tutti convinti, che la ripresa dello sport, specie dilettantistico sia pure “no stadia”, non sarà tra le priorità della ripresa della vita “normale”.

2 – Quando potremo, in quanto atleti, circolare “liberamente” tra Regione e Regione e tra Stato e Stato?

3 – Dove si potranno trovare le risorse economiche per allestire le gare. Le grandi aziende stanno ritirando le proprie disponibilità ed ai piccoli commercianti e/o partite iva sarà opportuno non chiedere nulla avendo ben altri problemi da affrontare. Si toccherà con mano che le quote di iscrizione richieste, da taluni giudicate eccessive, non permettono da sole l’allestimento di mezza gara.

4 – Quanti sono gli atleti che, con questi chiari di luna, sono disposti a preiscrizioni a manifestazioni precarie?

5– Quale sarà lo staff medico e infermieristico (obbligatorio) disponibile a supportare la sicurezza sanitaria in gara? Penso che se e quando sarà “passata la nottata” altre saranno le priorità.

6 – Siamo sicuri che il volontariato organizzato (Soccorso Alpino, Protezione Civile ecc.) e quello non strutturato non ci richiedano una pausa per potersi dedicare a emergenze più importanti o al giusto riposo dopo questo infinito periodo di stress operativo?

7 – Cosa ci risponderà il servizio 118 quando gli chiederemo (obbligatorio) la disponibilità al preallarme per eventuali esigenze derivanti da infortuni in gara?

8 – Quale sarà il Sindaco che concederà le necessarie autorizzazioni e quale piano di sicurezza richiederà, anche in presenza di gare a cronometro che qualcuno (secondo me, sbagliando) giudicherebbe più gestibili?

9 – Immagino che la semplice certificazione medico – agonistica non sarà ritenuta sufficiente, almeno nel corso dell’anno. Dovremo fare tutti i tamponi pre-gara?

10 -  ed ultimo punto di questo limitato rosario: gli Organizzatori sanno bene che allestire una manifestazione presuppone tempi che variano dai 2 mesi all’anno per tutte le incombenze da espletare, burocratiche e pratiche. Per le manifestazioni di settembre – ottobre siamo già fuori tempo massimo.

Come detto l’elenco potrebbe non essere esaustivo ma, come tutti i comuni mortali, potrei sbagliarmi. Se così sarà il 2020 sarà un anno senza gare sperando che possa almeno lasciarci la consolazione di praticare la corsa o la camminata, queste ultime indispensabili per mantenere viva la nostra passione.
Una considerazione Post Scriptum: ho avuto modo di sentire parecchi colleghi “Organizzatori” o meglio “Pluri organizzatori”; c’è rammarico ma anche la presa d’atto che, forse, un anno di pausa fa bene anche a noi (loro). Un anno a scoprire altre passioni sempre accantonate per mantenere in piedi la “baracca”.
Carlo Degiovanni

domenica 5 aprile 2020

Kilian Jornet, Path to Everest


A causa dell’attuale emergenza sanitaria le principali piattaforme televisive hanno deciso di offrire anche agli appassionati di montagna molti film e documentari interessanti. Per questo anche noi abbiamo pensato di fornire qualche consiglio a tutti gli amici che, anche se chiusi in casa, non vogliono smettere di sognare ...
Da piccolo Kilian Jornet, il più grande corridore di montagna di sempre, scrisse una lista di tutte le gare che voleva vincere e montagne che sognava di scalare. Nel 2017 ha cancellato l'ultima cima di quella lista, completando una storica doppia salita dell'Everest, in solitaria, senza ossigeno. È stato il culmine del suo progetto "Summits of My Life", che durante cinque anni lo ha portato in tutto il mondo. Un ritratto che rivela le sue paure e contraddizioni, e celebra il desiderio di affrontare nuove sfide.