Trail Degli Invincibili

Un bellissimo Trail attraverso luoghi spettacolari, insoliti, racchiusi da una cerchia di monti dove tra tutti emerge il Cornour, da questa parte quasi inaccessibile!

Il nuovo percorso

Un nuovo Trail in Val Pellice con partenza ed arrivo dal Laghetto Nais di Bobbio Pellice!

Un occasione per conoscere la nostra Valle

Il nostro "Trail degli Invincibili", oltre ad essere un importante momento di sport vuole essere un occasione per conoscere il territorio della Val Pellice, non solo per le sue bellezze paesaggistica ma soprattutto per la sua ricca storia e cultura.

lunedì 29 agosto 2016

L’ABBRACCIO DEL MONVISO AI 508 PROTAGONISTI: A CRISSOLO IL 4° “TOUR MONVISO INTERNATIONAL TRAIL”

IL “RE” E’ NUDO: NON UNA NEBBIA A VELARNE LA VISTA!!!
Paride Cavallone, Elisa Grill, Silvia Serafini vincono e Paolo Bert trionfa!
La fortuna aiuta gli audaci? Affermazione del pensiero debole che non tiene conto che l’audacia di coraggiosi organizzatori talvolta viene sepolta dalla imponderabilità meteorologica.
La fortuna del meteo favorevole crea una bella giornata ma se non ci fosse l’immane lavoro organizzativo resterebbe tale senza tradursi in una straripante giornata di sport.
E se il meteo , come le persone, bisogna prenderlo com’è, l’audacia degli organizzatori va costruita.
Su questo terreno hanno dato piena dimostrazione di efficienza le numerose Associazioni e liberi volontari che hanno operativamente realizzato la più importante iniziativa di carattere sportivo ed ambientale messa in campo dal Parco del Monviso confermando una felice intuizione nata, nel 2013, sotto il regno del Parco del Po Cuneese.
La concorrenza era forte, nella domenica 28 agosto 2016, data prescelta per il rito del Tour Monviso Trail: a Chamonix era in pieno svolgimento la celebrazione dell’U.T.M.B. nelle sue varie formule, a Susa i cosidetti “Master” si sono contesi il “titolo mondiale” di specialità e c’era chi temeva che il Monviso ne fosse penalizzato.
“Lui”, il re di Pietra, ci ha messo del suo con il vestito buono della festa e ben 508 (562 gli iscritti) appassionati hanno danzato al suo cospetto nelle tre formule previste:
235 sul classico giro “del” Monviso (Trail), 153 nel tracciato più breve che del Monviso ha sentito il respiro (Race) e 120 appassionati di cammino sul rivoluzionato percorso Walk.

Come di consueto tanta partecipazione regionale ma grande presenza di atleti dalle regioni alpine includendo tra queste anche la marina liguria che ha condotto a Crissolo una foltissima delegazione.
Non sono mancati gli stranieri a caccia di punti (3) indispensabili per la partecipazione futura alla U.T.M.B.: Francia, Svizzera, Belgio, Lituania, Germania presenti!.....e presente anche la Danimarca con due atleti attardati alla partenza per mancato adeguamento dei loro orologi alla italiana ora legale….
La cronaca sportiva di giornate come quella vissuta a Crissolo è complessa perché nella filosofia dello sport in versione “Finischer” ognuno porta a casa una propria vittoria ed un pieno di emozioni inenarrabile dalla penna (oggi divenuta tastiera) del cronista. Allora ci si ferma alla “superficie” del fatto sportivo raccontando le gesta dei migliori che con le loro imprese incidono la memoria della “gente” e le pagine dell’Albo d’Oro.
Ed a Crissolo Paolo Bert ha scritto l’ennesima pagina del suo libro (oramai una enciclopedia) di celebrato campione.
A 38 anni suonati appena qualche giorno fa il “Diavolo Bert”, denominazione coerente con l’emblema della sua società sportiva Podistica Valle Infernotto, vive una delle migliori stagioni agonistiche da sempre e, dopo avere demolito di oltre 10 minuti il record della ossolana sky race La Veia domenica 21, ieri ha trionfato sulla distanza piena (43,3 Km e 3045 mt di dislivello +) con un tempo inimmaginabile dagli “umani”: 4.35.40. Non che sia stata una sorpresa la sua vittoria: lui, che ha Crissolo ci trascorre le ferie, quando al mattino esce per quattro passi sale il Monviso e torna per colazione. In gran parte previsto il trionfo, dunque, ma non che riuscisse a rosicchiare circa 5 minuti al record del percorso, peraltro già di sua proprieta!
Dal veneto è venuta a rendere onore al Monviso la protagonista femminile: Silvia Serafini.
Prova superlativa, la sua, su sentieri sconosciuti per lei. Lo scorso anno la protagonista fu la “locale” Daniela Bonnet e ieri Silvia è andata molto vicina al tempo realizzato dalla forte atleta Angrognina: 6.06.55, due minuti appena sopra il record femminile del percorso.
Paride Cavallone si è cimentato sulle difficoltà tecniche più contenute della “Race”: 23,3 km e 1834 mt di dislivello. Alfiere di una recente formazione sportiva, la Apple Run del cavourese Isoardi, nata, peraltro sui pianeggianti percorsi che circondano la Rocca di Cavour, rappresenta un nome nuovo ed una gradita novità nel panorama dei faticatori di montagna. Il suo tempo finale di 2.51.27, circa 7 minuti dal record del tracciato, rappresenta un ottimo inizio di carriera tra i tecnici sentieri dei monti.
Graditissima sorpresa nella versione femminile sulla stessa distanza. Non che “lei” non fosse abituata ai successi sportivi: componente della nazionale italiana e vincitrice di titoli nazionali di specialità al punto tale che l’agonismo era divenuto persino troppo ingombrante con conseguente quinquennale stop agonistico. Solo che la specialità era “altra” come non poteva che essere per una Pralina, intesa come abitante di Prali (To) e non come un dolce confetto: lo sci di fondo.
Il suo rientro nello sport meno esasperato l’ha vista arrancare per qualche mese alla ricerca dei giusti stimoli e ieri il primo successo di una nuova carriera: Elisa Grill, nella vita poliziotta e nello sport rinata protagonista: il crono è beneaugurante: il suo 3.22.58 affossa letteralmente il 3.46.41 sulla stessa distanza realizzato dalla Arrigoni nella edizione 2015.
Come vuole lo “Spirito Trail” in queste manifestazioni ognuno è vincitore in proprio e lo è stato anche il Parco del Monviso, che con la collaborazione tecnica della Podistica Valle Infernotto ha realizzato la manifestazione. L’obiettivo principale era la promozione del territorio Mab Unesco che circonda il Monviso e sicuramente, da ieri, il Re di Pietra ha qualche amico in più.
Le foto di Carlo Zanardi e Massimo Grisoli
Carlo Degiovanni

sabato 27 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: MARIA LONG

A Oslo faceva sicuramente freddo in quell’inverno del 1992. Un americano si presentò ai Campionati mondiali di Fondo (sci) e creò la rivoluzione …. Dapprima pattinando solo su di un lato e poi con ambedue le gambe inventò letteralmente lo Sketting completando una 30 km con una sciata sconosciuta fino ad allora. Il vantaggio della nuova tecnica gli permise di vincere, l’anno successivo, la Coppa del Mondo di Sci di Fondo.
Da allora il Fondo non è più stato lo stesso e sono nati due modi profondamente diversi di praticarlo con grandi innovazioni nel gesto tecnico e nei materiali: la tecnica classica e la  tecnica libera. Lui era Bill Koch e a sua fama è dovuta più alla sua innovazione che alle sue, peraltro notevoli, qualità atletiche.
Questi pensieri mi sono venuti in mente rivedendo, sui sentieri di montagna, Maria Long, atleta che nello sci di fondo ha costruito le sue radici agonistiche dopo averlo appreso per motivi meno sportivi: l’andata e ritorno a scuola come succedeva in quei tempi ai giovani scolari di montagna.
Lo sci di fondo, Maria, non lo ha mai abbandonato: il passaggio dalla scuola alle gare è stato piuttosto naturale come il successivo insegnamento presso la pista olimpica di Pragelato. 
Nel contempo ha conquistato due podi nei campionati italiani di sci nordico oltre ad innumerevoli successi.
Maria Long è la conferma di come fossero parenti stretti il Fondo e la Marcia Alpina. Terminata la stagione invernale occorreva mantenersi in forma ed avendo a disposizione quegli impianti sportivi naturali quali sono le montagne….
La sua predisposizione per lo sport di resistenza le ha permesso di ottenere grandi successi cimentandosi nella “Marce Alpine”, quelle “vere” come le definisce lei.
Ed allora eccola protagonista, negli anni ’80/90, dello Chaberton nella versione Claviere – Vetta – Cesana e stabilire il record femminile alla Tre Funivie di Sestriere.
La cronoscalata St. Vincent – Colle di Joux ed il Musinè l’hanno vista trionfatrice ma il suo ricordo migliore lo riserva alla Tre Rifugi Val Pellice: ben 5 edizioni vinte (3 a coppie e 2 individuali) hanno fatto in modo che la classica della Val Pellice diventasse per lei il ricordo indimenticabile della sua carriera sportiva.
Poi…c’è anche la vita e le sue pieghe non sempre positive. Ed allora lo stop alle competizioni che è durato ben 25 anni!!!
Da un anno, però, la vediamo nuovamente danzare sui sentieri. I risultati agonistici ridimensionati dall’inevitabile scorrere del tempo. Lei, nata nel 1948 a Pramollo, ha deciso di tornare allo sport praticato con un solo obiettivo: divertirsi e condividere la sua passione con i compagni di un tempo. E poi ci sono i più giovani ai quali trasmettere la stessa passione che le ha arricchito la vita. Nelle corse sui monti ed anche con gli sci ai piedi. Nella tecnica classica o nell’innovativa, grazie a Billi Koch, tecnica libera.

venerdì 26 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: CARLO DEGIOVANNI

Cavour è un paese ai margini della Val Pellice (o la Val Pellice è una vallata ai margini di Cavour…). E’ qui che nasce Carlo Degiovanni, presente dal 1953 a Cavour dove è nato ed ha convissuto con una splendida famiglia di 10 (dicansi dieci) figli più, ovviamente, i genitori: personaggio eclettico dai mille interessi sportivi e culturali.
E’ stata una caramella al rabarbaro, cosa quanto mai sgradita ad un bimbo di 8 anni che “ vince “ una “corsa  nei sacchi”, il primo premio conquistato nella parte della sua vita dedicata allo sport. Era la festa patronale, a Cavour; c’erano i giochi del tempo per l’occasione, c’era la “mamma” che osservava divertita e c’era nelle sue tasche la famosa caramella al rabarbaro divenuta improvvisamente Trofeo da consegnare, con orgoglio popolare e popolano, al figlio vincitore.
Molti interessi nella vita, dalla politica al sindacato, dalla musica  allo sport. Ha sempre desiderato una vita a colori, fatta di molte sfaccettature. Ovviamente ha sempre pensato di essere dalla parte giusta ma con una certa moderazione: una famiglia così numerosa all’interno della  quale negli anni sono state rappresentate molte categorie sociali gli ha insegnato la complessità dei torti e delle ragioni. Conseguentemente ho sempre coltivato molti “se” ed altrettanti “ma” e privilegiato la ricerca del confronto  e delle mediazioni al conflitto o alla polemica spicciola fine a se stessa.
Come detto, la sua “carriera” sportiva è iniziata piuttosto presto.
Ovviamente la “Corsa nei Sacchi” era un gioco come pure le competizioni tra amici sui pattini a rotelle.
Le cose si sono fatte più serie verso i 14 anni quando, acquistata una bici da corsa di seconda mano si è  dedicato seriamente alla passione per il ciclismo che ha coltivato, per circa tre anni nelle fila della gloriosa “Condor” di Pinerolo in compagnia dell’inarrivabile Mario Vaira.
Ad oggi circa 900 gare in larghissima misura sui sentieri di montagna (circa 700); è la disciplina che ha sempre preferito. Questioni di predisposizione fisica (su strada non ha ne  “gamba” e ne “testa”), di approccio mentale o chissà cosa: di solito si dice che è la passionaccia e ciò spiega tutto.
Vittorie? Una sola da ricordare (a dire il vero vinse anche una gara a staffetta con Guido Turaglio nella frazione  di corsa e lui in quella ciclistica  ma il suo avversario diretto aveva una “Graziella”….).
Tanti bei piazzamenti come si addice ad un buon atleta, ma di vittorie vere solo quella: la Tre Rifugi del 1978 in coppia con Domenico Bruno Franco. Un trionfo! Un po’ di sana autoironia lo porta a sostenere  che ha stabilito un record difficilmente migliorabile: ho vinto la gara con il peggior tempo dei vincitori di sempre ma la soddisfazione è stata ugualmente grande!!!
La Marcia Alpina è stata la sua grande passione sportiva al punto che alla prima gara organizzata (1975 – La Cursa ‘d la Scala Santa a Cavour) prese quasi come un’offesa essere definito, dai compaesani, un “podista”! Evidentemente ha giocato la sua passione per la montagna ma anche il fatto che  Cavour disponeva di un impianto sportivo naturale che era la Rocca: terreno perfetto per la preparazione specifica.
Fondo sugli sci (tecnica classica), corsa su strada (8 maratone con un misero 2.55 come miglior tempo sulla distanza), un po’ di ski roll, sci alpinismo (compresa la partecipazione alla prima riedizione al Trofeo Mezzalama nel 1997), gare di gran fondo di ciclismo ma soprattutto tanta, tanta, tanta Marcia Alpina.
Il suo esordio nella “Marcia Alpina” si realizza, attratto dal Mito Willy Bertin e dal più “gigione” Valdo, nello Sport Club Angrogna, società che alla fine degli anni sessanta era in prima fila nello sci di fondo e nella marcia alpina e in seguito nello ski roll in Val Pellice. Carlo partecipa alle prime gare in montagna e , dopo il servizio militare, accumulata la necessaria esperienza, fonda a Cavour quella che sarà tra la metà anni settanta fino agli anni novanta una delle più interessanti realtà podistiche della zona e non solo: l’Atletica Cavour.  La prima gara che organizza è la “Cursa d’la Scala Santa”, gara “similpodistica” in quanto comprende per ben due volte dopo il percorso in pianura la salita sui sentieri che conducono alla vetta della Rocca di Cavour e per questo indigesta ai puristi della corsa su strada , ma proprio per questo affascinante in quanto ognuno poteva trovare il tratto a lui più favorevole. Agli inizi degli anni ottanta viene organizzato per ben 6 edizioni su pista in sabbia (non omologata Fidal per distanze non consone e fondo irregolare…) il pentathlon. Salto in lungo, getto del peso, 100 metri, salto in alto e 1500 metri, peraltro in leggera salita sulle strade che conducono a Cavour, con la partecipazione delle società locali. Nel 1978 vince la già ricordata  Tre Rifugi.  
 In quegli anni l’Atletica Cavour partecipa con successo a gare di campionato italiano della specialità che ha preso l’eredità dalla Marcia Alpina, la Corsa in Montagna. I suoi percorsi erano più  docili senza le vertiginose salite e le ripide discese delle gare precedenti. Poteva mancare a Cavour una gara di campionato italiano  di questa nuova disciplina?, no di certo. Carlo si mette al lavoro e supportato dalla società organizza la prova di staffetta a tre elementi con un successo incredibile: quasi cento staffette provenienti da tutta Italia partecipano alla gara. Nel frattempo vengono organizzate altre manifestazioni quali  la prova di campionato italiano di gran fondo sul percorso allungato del Trofeo Maurino che si disputava a Villar Bagnolo. Ma non si ferma lì! La “fervida mente” allestisce il “Trittico di Cavour”, si tratta di tre gare in tre giorni: al venerdì sera i 10.000 attorno alla Rocca, percorso ondulato quindi eventuale record non omologabile per le rigide regole federative, al venerdì sera la crono rocca di km 3,5 sui sentieri della massima asperità cavourese, infine la domenica mattina gran finale con la prova di gran fondo di 11 km sempre sfruttando i sentieri esistenti e trovandone dei nuovi. Questa era l’antesignana delle corse a tappe che si disputano oggi. All’inizio  del nuovo millennio, venuta a mancare la iniziale spinta propulsiva l’Atletica Cavour si scioglie, alcuni atleti approdano nella neonata Atletica Val Pellice a sua volta nata dalle ceneri della Polisportiva Villarese, Carlo emigra a Torre Pellice  e fonda la Podistica Valle Infernotto con sede prima a Barge e in seguito a Villar Bagnolo con alcuni ex atleti dell’atletica, piano piano il gruppo cresce con innesti da Barge e Bagnolo, si organizzano nuove gare ,la scalata al Monte Bracco a Barge, il giro dell’Infernotto e  gare serali che in questi anni hanno preso piede, Carlo è il collante  del comitato della Tre Rifugi, a lui si deve l’idea della partenza da Bobbio Pellice del trail oltre che un immane lavoro di bassa manovalanza come diciamo tra di noi che consiste nella pulizia dei sentieri in alta quota  di questa gara. Ideatore della” Tre Rifugi Vintage” che nel 2015 sul percorso storico della gara ha radunato duecento coppie record assoluto della manifestazione. Molto disponibile a “de na man a tuti “ il problema che “tuti a piu el bras”… , a lui si deve principalmente la riedizione del Giro del Monviso, ora Monviso Trail nelle sue tre distanze, tessitore (lui profondo conoscitore della lingua francese…) con i cugini transalpini nell’appianare le divergenze organizzative. Attualmente continua nei rari momenti disponibili l’attività sportiva secondo uno dei suoi famosi “assunti tecnici”  che vogliono che a trent’anni si corra a 3’al km, a quaranta a 4’, a cinquanta a 5’ a 60 a sei, “dopu ringrasia che pole ancura curi… “. Alcuni sussulti simil – agonistici lo portano a concludere in 250° posizione su 2500 partenti la Courmayeur, Champex, Chamonix ed a conquistare la terza piazza della da lui poco amata e riverita “categoria” nella riedizione 2015 del Trofeo Chaberton ma qui siamo alle “comiche finali”.
Attualmente sta lavorando con Fredi Gallo e buona parte del gruppo storico che organizzava la Tre Rifugi al Trai degli Invincibili, che si disputerà a Bobbio Pellice Domenica 9 Ottobre anche per riportare alla luce parti della Storia Valdese. Lui che “Barbet” non è (molti se  ed altrettanti mah…), è un profondo conoscitore della storia del popolo valdese e sa cose che io non so pur essendo, io si,  valdese. Permettetemi di questo spazio per ringraziare anche Fredi Gallo per la passione e amicizia che ci lega e che lui mette in ogni cosa che fa, lui dal glorioso passato calcistico si è calato nella nostra realtà con umiltà e tanta voglia di fare tanto da farmi affermare: “ti ses sgairà a Boebi”.
Ultima invenzione di Carlo la disputa lo scorso 18 Agosto della “Tre che non c’è ” escursione sul percorso della Tre Rifugi d’antan che ha avuto un successo strepitoso radunando 140 cosiddetti  “escursionisti”, in realtà appassionati di questa mitica gara,  che hanno popolato la conca del Prà con i loro colori. Tante altre cose ci sarebbero da dire su Carlo, ma per questo non disperiamo che un giorno lontano non  voglia trascrivere tutte le sue esperienze su un libro che sono sicuro avrebbe un grande successo tra tutti coloro che lo conoscono e lo stimano, tra questi ci sono anch’io che mi onoro  della tua amicizia e per l’ aiuto che mi da in tutte le manifestazioni che faccio, oltre che dalla stessa  passione? calcistica… Grazie Carlo per tutto quello che hai fatto e sono sicuro continuerai a fare per tutti noi. 
E, come scriveva Cesare Maestri, …se la vita continua….
Daniele Catalin

lunedì 22 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: SILVIO GERLERO

Anche la montagna sportiva ha avuto la sua “terra di mezzo” o meglio, per non suscitare incomprensioni, la sua “terra di confine” o, se volete ancora , l’”area grigia”.
Un’area nella quale facevano capolino con vere e proprie scorribande atleti non proprio appartenenti alla “famiglia”: i cugini della Atletica Leggera, i “puri” come li definiva Mini Merletti.
Loro, attratti dal fascino della trasgressione in se e dalla corsa più libera e finanche un po’ anarchica, sfuggivano, a volte, alle rigide regole di allenatori e federazioni e facevano capolino nel mondo dei corridori (marciatori) di montagna.
L’area tecnica era quella della corsa in montagna ante litteram ovvero le Marce Alpine dalle caratteristiche tecniche meno accentuate. Più corribili, si diceva una volta.
Partendo dall’assunto che vuole che un buon stradista non abbia grandi problemi sulle salite dei sentieri ma incontri le maggiori difficoltà sulle “discese ardite” erano protagonisti assoluti nelle sfide con gli specialisti della specialità.
SILVIO GERLERO rappresenta perfettamente questi campioni, un po’ trasgressivi, delle corsie pistaiole. Ed a lui va il merito di averci provato ed in larga misura sia anche riuscito a ricavarsi uno spazio in quello strano mondo.
Anche altri ci hanno provato ma con molto meno successo: si ricorda ancora lo sdegno di Renato De Palmas (grande personaggio dell’Atletica dei “puri”) quando, dopo avere percorso poche centinaia di metri alla cavourese Cursa d’la Scala Santa del 1975, trovandosi a confronto con i sentieri della Rocca improvvisamente si fermò, tornò al tavolo delle iscrizioni e riconsegnò sdegnato il pettorale affermando: “non sono mica una capra, io!
I “numeri” de podista Silvio parlano da soli: 30.27 sui 10000, ....8.32  sui 3000....18,515 Km sull'ora in pista e 2 ore e 33 minuti nella distanza di maratona peraltro mai preparata a dovere!!!.
Duecento vittorie hanno caratterizzato questa sua splendida carriera con ripetute affermazioni “fuori pista” . Stratorino, Pecetto ma anche numerose campestri, giri podistici ecc…La specialità della casa!!!
Ma in questa sede Silvio è presente in quanto “trasgressore” delle rigide regole di allenatori e quant’altri: “la corsa in montagna compromette la velocità di base!!!” era l’assunto ma lui qualche dubbio lo ha nutrito quando vide l’amico Rinaldo Bruno Franco realizzare un 14.35 sui 5000 subito dopo una partecipazione alla “Tre Rifugi”…
…e così ci ha provato. Come detto scegliendo i percorsi più adatti alle sue qualità di stradista e grimpeur.  Pinasca – Serre Marchetto, San Germano – Pramollo, Mentoulles – Lago del Laux, 3 edizioni della Ruata – Gardetta -  Ruata  i suoi successi  in Val Chisone.
Poi le montagne “forestiere: il Colle del Lys a staffetta (vinta 3 volte), l’Aosta – Perulaz,  Chiaverano – Schalveis (altri 3 successi), il torinese Colle della Maddalena.
Ci ha provato anche al Colle Bione, patria sportiva dei fratelli Ruffino: grande gara in salita con passaggio in testa ma poi, haimè, la discesa gli ha assegnato un terzo posto…onorevolissimo se si pensa che a mettere la freccia nella seconda parte sono stati monumenti quali Elio Ruffino e Felice Oria!!!
La vittoria a Rorà lo consegna legittimamente, gradito ospite, alla “Galleria degli Invincibili” della Val Pellice. A dire il vero ha provato a misurarsi, a fine carriera sportiva, anche con le gare “Monumento” quali i Picchi del Pagliaio e la Tre Rifugi ma ne ha ricavato splendidi ricordi ma anche la conferma della sua predisposizione naturale per la corsa nelle versioni più “ortodosse”.
Lui, dal suo attuale sudato status di pensionato, guarda al passato atletico con grande soddisfazione e compiacimento. Nato nel 1948 a Scalenghe in piena pianura ha saputo anche “dare” allo sport seminando passione a piene mani. E con lui non possiamo non ricordare un altro grande “seminatore” di sport: il pinerolese Pier Luigi Primo

sabato 20 agosto 2016

Carlo Degioavanni racconta “La Tre che non c’è…ma noi si!!!”

Al Prà 141 sportivi uniti dalla sola passione ... “Racconto breve” per chi ha la pazienza di leggere

“On dit” che l’essenziale è indispensabile e tutto il resto è orpello. Magari gradito o di moda ma semplice orpello.
Il contadino che vuole fare i salami sa che l’essenziale e limitato a due elementi: lui ed il povero maiale; anche nello sport della antica “Marcia Alpina” l’essenziale sta in due elementi: un sentiero in montagna e gli atleti che lo percorrono…come possono!
C’è posto per tutte le versioni e le visioni nello sport e tutte hanno pari dignità ma ieri, nella Conca del Pra, comune di Bobbio Pellice, si è celebrata la versione minimalista, la corsa ridotta all’essenziale ma un essenziale dal peso specifico enorme.
Non c’era l’Organizzazione ne gli Organizzatori, non c’erano i Giudici  di prima istanza e ne quelli d’appello, non c’era la “location” per la partenza ne la dirittura d’arrivo, non c’erano i premi e neppure la premiazione, le Autorità e gli striscioni pubblicitari. Persino lo speaker mancava. Solo loro: il sentiero in montagna e le atlete/i che lo hanno percorso…come hanno potuto!
Non che non ci sia stata “assistenza” ma è stata del tutto spontanea, senza alcun organigramma:
ed allora i Rifugi hanno provveduto a “dare da bere agli assetati” ed a loro si sono aggiunti il Jervis la Ciabota e l’Agriturismo Catalin nel dare “da mangiare agli affamati”, l’amico Claudio Merlo ha provveduto alla farina di “Pignulet” per la polenta finale, Enrico si è consumato la suola delle scarpe ha ritracciare continuamente una linea di arrivo poco più che immaginaria, Daniele, Luisa, Debora, Angelo e Alessandro hanno controllato che tutti facessero ritorno alla base. Giorgio Poet è salito al Colle Manzol per dare a tutti la sicurezza che ha garantito in divisa come Soccorso Alpino per 40 edizioni di gara. Solo gli oramai pingui “Crin ‘d Puluciu” (qualcuno mi insegnerà dove sono i caratteri “strani” sulla tastiera…), sempre uguali ma tutti gli anni diversi, hanno assistito distratti alla celebrazione della “Tre che non c’è”, versione 2016 della “Tre Rifugi Val Pellice”.
“L’incontro è avvenuto in una stalla dell’alpeggio La Rossa  nel vallone dei Carbonieri un tempo regno di numerosi branchi di mufloni di importazione. Pier Claudio, inteso come Michelin Salomon intento nel quotidiano lavoro di mungitura si è trovato faccia a faccia con  un alieno, un personaggio dotato di pantaloncini e canottiera sportiva ed armato di capace zainetto tecnico, che difendendosi dai voraci cani cercava, anzi, implorava informazioni logistiche relative al suo destino di giornata: la partecipazione alla Tre che non c’è! Era un po’ che vagava per l’alpeggio alla ricerca di una voce amica. Li ci era arrivato dopo avere tentato un taglio temerario di percorso (brutti scherzi dell’agonismo) scendendo dal Colle Barant direzione Rifugio Barbara. Aveva notato la strada appena sotto: due salti tra i “brunsec” ed avrebbe guadagnato qualche posizione ma…peccato che la strada del successo e del record portava all’alpeggio della Rossa, in direzione opposta e contraria all’ambito Barbara! Fatte le reciproche presentazioni e compreso il problema il gentile margaro ha provveduto ad indicare al “nostro” la retta via ma ciò gli è costato un tempo cronometrico fantozziano.” E bravo Eraldo Bertero!!!
Alla vigilia i dati erano traballanti in relazione alla partecipazione ad una gara inesistente. Però le strutture ricettive locali erano sature di prenotazioni e allora….prima dieci, poi cinquanta, poi novanta e al fine centoquarantuno sportivi dal volto umano hanno risposto all’appello nelle forme più disparate: con l’avvento della nuova legge sui “diritti civili” sono state sdoganate “coppie” di singoli, di due, di tre e finanche di undici componenti la “coppia” (e lasciamo perdere i generi non intesi, in questo caso, come i mariti delle figlie). Solo a loro è andato l’unico premio previsto: un gagliardetto da assegnare alla “coppia più numerosa”!
Le classifiche, che ci sono, renderanno tutti edotti della fantasia dei “nostri” ad assegnare alla propria squadra i nomi ritenuti i più appropriati. E c’è stato chi con il nome della “coppia” ha voluto ricordare Ivan Mirto, l’atleta della Podistica Valle Infernotto scomparso al Trail del Sestriere.
“Chissà Cristina come starà vivendo la sua prima giornata di lavoro!?!. La salita al Colle Manzol stava raggiungendo le sue pendenze più ostili, al limite de ribaltamento. Lì gli atleti, ed anche le atlete, alle volte vedono nelle rocce una madonnina di azzurro vestita che chiama con voce suadente per nome i passanti distrutti dalla fatica e li incita a salire verso la vetta. Qualcuno ne vede più di una ma ormai tutti hanno capito che sono solo visioni dovute al livello di fatica raggiunta…in piena terra eretica nessuno si sognerebbe di collocare realmente una statuetta mariana!  Ma come si fa nelle suddette condizioni a pensare alla “murusa”??? E’ umiliante per chi accompagna l’atleta innamorato prendere atto che le sue visionarie fatiche non sono condivise dal compagno di avventura che non solo non vede la Madonna ma si permette anche di pensare alla sua Donna…E’ importante l’esordio lavorativo della bella Cristina e condivido la speranza che tutto funzioni al meglio oggi e nel futuro ma… “Santa Polenta”, un po’ di rispetto per le fatiche del socio!!!”
L’evento è stato celebrato da medaglie di apposito conio  e molto gradite, quale unico premio, dai faticatori di giornata. Loro che hanno percorso i sentieri del Barant in una unica coda. Un serpente continuo  di colori che ha sfregiato il monte prima che la discesa al Barbara pensasse a disperdere appena un po’ la truppa.  Loro che dopo il calvario del Manzol hanno sentito avvicinarsi l’agognata meta per qualcuno  resa irraggiungibile da imprevisti crampi, quelli che  ti ricordano che “lo spirito è forte ma la carne è debole e, soprattutto, necessita di adeguato allenamento”.
“Ancora pochi passi e poi ci siete!!! Anche Alessia incita Marta a pochi metri dal mitico Manzol. Generazioni di atleti si sono misurati con questa temibile e infinita asperità che non è più solo un  impegnativo colle. La Storia della  Marcia Alpina lo ha trasformato in un  Santuario che accoglie le blasfemie  dei salitori e la loro gioia al momento del raggiungimento della meta…All’apice c’è  Giulia: lei, forte dei suoi giovani ma potenti mezzi atletici attende le compagne di avventura. I Run For Find The Cure: presente a unire sport e solidarietà nella corsa che non c’è.
 E vicino a lei una figura storica della Tre Rifugi. Potrebbe anche questa essere una visione invece no. Lui è li in termini reali con lo sguardo attento ad osservare eventuali atleti in difficoltà per compiere la sua missione. Mi ero annotato il suo numero di telefono, avrei voluto chiedergli il suo prezioso contributo per la sicurezza di tutti… non l’ho fatto per non caricarlo del gravoso impegno…ed invece è li, la figura stagliata contro il Monte Manzol: Giorgio Poet, sia pure in “borghese” ad assolvere il suo compito: grazie Giorgio!!!
L’epilogo della giornata è stato il così detto “terzo tempo”. Smaltita e subito dimenticata l’immane fatica ad attendere gli atleti il pasto variamente predisposto dalle tre strutture ricettive del Pra. Si è pranzato con polenta e additivi vari ma i ricordi hanno subito preso il sopravvento ed i tempi registrati sono diventati il companatico d’obbligo non senza qualche volo di fantasia…se avessimo tirato più li… se non avessi preso i crampi … e l’unghia incarnita…e la mezza storta…e se il socio…la prossima volta ci tolgo dieci minuti…la prossima volta. Oggi va bene così. E la fatica di Sisifo dell’atleta e nell’immaginario ognuno è campione salvo provare quanto è difficile emulare Marco Morello e Erminio Nicco.
“Come mai non ti sei fermato a Tavagnasco”. Il rimprovero, poi nemmeno tanto velato proveniva da un tavolo apparecchiato dove sedevano due individui in attesa del pasto.
Tavagnasco, sede di una delle più longeve gare di Marcia Alpina, un verticale ante litteram di circa 3,8 km e 1080 mt. di dislivello. Li si celebrò il capolavoro d’astuzia del Montanaro. A fronte delle diffide Federali sulla non omologabilità del percorso in relazione alle difficoltà tecniche troppo accentuate (troppo corta per 1080 mt. di dislivello) Lui penso bene di cambiare le “misure” sul volantino lasciando il tracciato inalterato! … e vissero tutti felici e contenti per molte edizioni ancora.
Lui era Marco Morello e ieri era presente in compagnia di Erminio Nicco ad assistere alla gara che non c’era. Qualcuno li ha informati della “singolare tenzone” e loro, i vincitori delle prime 4 edizioni Marco e della 5° e 6°Erminio sono saliti al Prà per non mancare alla celebrazione. Da solo questo elemento dovrebbe fare riflettere sul “valore” della Tre Rifugi!
Ad accompagnarli l’immancabile scorta di formaggi e liquori della loro terra offerte a piene mani a tutti coloro che, riconoscendoli, non hanno voluto mancare al “pellegrinaggio”  al loro tavolo.
La Tre che non c’è si è felicemente conclusa in un apoteosi di ricordi che i protagonisti si sono portati a valle. Si dice che la “lunghezza” della vita non tocca a noi deciderla…ma la “larghezza” si riempiendo i giorni e gli anni di contenuti e di emozioni e ieri  i 141 “atleti” hanno fatto il pieno in attesa che qualcuno riprenda il bandolo della matassa.
“ Ho iniziato ad andare in crisi nel  tratto tra il Rifugio Barbara ed il Colle Barant…" Ho capito Fredi, parliamone fra mezz’oretta perché ancora adesso non mi pari così lucido! Eppure la preparazione c’era: l’intero percorso del Camino di Santiago per preparare la Tre che non c’è e poi in crisi dopo 10 Km…Il problema è che il “Camino” serve per allenare l’anima o lo spirito. Va bene, è andata così oggi. Ci sarà tempo per rifarsi. Magari già il  9 ottobre, quel giorno ti attende il Trail degli Invincibili. Carlo Degiovanni

venerdì 19 agosto 2016

LA TRE CHE NON C'E'...(cronaca "non ufficiale")

Cercando tra le classifiche dell'anno 2016 non troverete probabilmente traccia di questo evento. I nomi dei ben 150 partecipanti a questa manifestazione "apocrifa" non compariranno su siti ufficiali, giornali o quant'altro. Non rimarrà probabilmente nulla di "ufficiale" insomma di quello che è successo in alta Val Pellice questo giovedì 18 Agosto 2016. Ma le cose che rimarranno saranno forse più speciali di una classifica o di una menzione su un giornale locale. Forse perché più intime, vissute in silenzio, senza rumori, senza clamori, senza microfoni, senza premi o altro. Questa "manifestazione che non c'era" é stata la dimostrazione che la passione, quella vera, non muore mai e non ha bisogno di riconoscimenti o ufficialità per vivere e sopravvivere. Ed è così che un manipolo (un bel manipolo direi!!!) di centocinquanta persone che condividono la stessa passione si sono ritrovati questa mattina nella conca del Prà per percorrere i sentieri che per quarant'anni sono stati teatro di quello che era il più grande e atteso appuntamento sportivo in questo piccolo angolo di mondo: la Tre Rifugi Valpellice. Ma alla base di tutto, questa volta non c'era l'agonismo. C'era invece la voglia di stare insieme, c'era l'amicizia, c'era la voglia di percorrere quei mitici sentieri con un figlio, con un padre, con un fratello, una sorella o semplicemente con una persona cara. Un grazie alla mia socia Valentina, un grazie a Carlo per aver dato "il LA" a questa giornata e un grazie a tutti quelli che hanno partecipato. Possiamo dire per l'ennesima volta: MALGRADO TUTTO NOI C'ERAVAMO!!!

Daniele "Dano" Zoppi

Clicca e scarica la classifica della "TRE CHE NON C'E' 2016"

giovedì 18 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: BRUNO FRANCO RINALDO

Eccolo lì il matto”. L’espressione faceva voltare di scatto gli sguardi dei sette operai che alle 7 del mattino  transitavano nel centro di Luserna diretti, su di un apposito camioncino, in quel di Rorà per realizzare  il miracolo dell’elettrificazione rurale correndo l’anno 1967.
Una figura slanciata percorreva a lunghe falcate le vie del paese impegnato in una attività in allora per nulla usuale: correva!!!
Per i lusernesi era Merletti, Mini Merletti, ma per i “forestieri” era semplicemente uno dedito a fare cose poco comprensibili ai più.
Eppure la sapiente semina di Mini ha prodotto anni di gloria per lo sport lusernese e schiere di campioni.
All’apice di questa epopea sportiva non si può che collocare Lui: Rinaldo Bruno Franco.
Nato nel 1948 a Luserna San Giovanni ha coltivato fin da bambino la passione per la corsa e, soprattutto, per le lunghe distanze.
Prima di conoscere il “maestro” ha voluto provare a coltivare in proprio la passione per la corsa e, dopo qualche sgambata oratoriana,  alla tenera età di 19 anni si è presentato al via della Torino – St Vincent, una corsetta di circa 98 km che si svolgeva, allora,  di notte. Concluse al 4° posto in 7 ore e 55 minuti!!! Fate voi il conto della media…
La cosa strabiliò un giornalista de “La Stampa” che lo descrisse in questo modo: “un paio di gambette da fenicottero azionate da un motore”.
Venne anche il periodo del servizio militare da quale fu esonerato per insufficienza toracica e soffio al cuore. Lo stesso Dott. Weiss, uno dei pionieri della medicina sportiva sentenziò: “Con quel soffio al cuore lei può vivere fino a cent’anni ma dovrebbe fare vita tranquilla. E’ un cuore particolare il suo, un po’ bartaliano, che rallenta le pulsazioni sullo sforzo…” 
Rassegnato dagli augusti giudizi si dedicò alla vita “normale” sposandosi e continuando il suo lavoro di lattoniere ed idraulico.
Però…la passione non muore mai ed allora ecco l’incontro risolutivo con il citato Mini.
Appresa l’arte dell’allenamento strutturato era facile vederlo  sfrecciare sulle strade in compagnia di Merletti e Franco Gaydou per lunghi allenamenti dopo faticose giornate di lavoro.
E li è nato il migliore podista che la Val Pellice abbia mai conosciuto in grado di affermarsi in valle ma, soprattutto, sugli scenari regionali e nazionali.
Venticinque anni di attività agonistica con circa 300 vittorie. Nel 1974 riuscì ad essere vincitore  in 48 delle 61 gare disputate!!!
I suoi tempi??? 8.27 sui 3000 mt piani, 14.35 sui 5000 e 30.40  sui 10000!!!
Queste sono le sue perle per quanto riguarda l’atletica leggera ma Rinaldo è stato protagonista anche delle corse sui monti nelle sue varie versioni.
Dopo l’esperienza con il 3S di Luserna e Abrate Sport di Torino è approdato prima alla Villarese e poi nell’Atletica Cavour.
Con queste due ultime ha coltivato la passione per la montagna ed  il suo nome figura nell’albo d’oro delle classiche della Val Pellice e non solo. E’ stato protagonista assoluto della stagione “nazionale” dell’Atletica Cavour.
Poi ha chiuso con l’attività agonistica e coltiva la vita in compagnia della famiglia e di grandi ricordi sportivi…  “Con quel soffio al cuore lei può vivere fino a cent’anni ma dovrebbe fare vita tranquilla.”

mercoledì 17 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: GUIDO TURAGLIO

C’era una volta una Società Sportiva che, nata nel 1975, ebbe l’ardire di proporre a Cavour, paese di pianura, una specialità riservata ai “montanari” vale a dire la “Marcia Alpina”.
L’impianto sportivo utilizzato era la Rocca di Cavour ed i suoi sentieri.
L’attività durò 27 anni toccando l’apice nell’organizzazione di ben due Campionati Italiani (Cavour nel 1987 e Villar Bagnolo nel 1993) e nel partecipare per ben 7 anni ai Campionati Italiani.
Il suo nome era Atletica Cavour.
C’era una volta un atleta eclettico ed istintivo dalle grandi potenzialità espresse soprattutto nella Marcia Alpina ma dalle grandi doti anche nell’atletica da qualcuno definita “dei puri”!
Il suo nome era Guido Turaglio.
L’Atletica Cavour cessò l’attività nel 2001 e Guido Turaglio ci lasciò nel 2003 dopo avere dato avvio alla nuova esperienza della Podistica Valle Infernotto.
La malattia lo ha portato via dal mondo dello sport ma non dal ricordo di tutti coloro che hanno condiviso la stessa sua passione sportiva.
Un atleta singolare, tanto anarchico quanto forte nell’esprimere lo sforzo atletico. Classe 1961 amava lo sport “libero”, quello che scalava le montagne e correva nei boschi. Nonostante ciò si misurava sovente anche con le bianche strisce delle piste di atletica confrontandosi senza timore  con i migliori specialisti.
Nel 1984 si presentò al via alla 24 x 1 ora di Luserna. A lui, come a tutti i migliori era riservata l’ultima ora che concludeva il confronto tra le migliori squadre di atletica leggera. Nella sua batteria era schierato Ezio Martina, fortissimo atleta emergente che vantava tempi di livello nazionale nelle distanze degli 800 e 1500 metri. Fu spalla a spalla per circa 45 minuti poi Ezio, preparato per distanze più brevi, rallentò appena il passo mentre Guido mantenne il ritmo. Ciò gli valse l’appellativo di “Duracell” e concluse la sua ora  percorrendo 17,575 km (17,050 la misura dell’amico avversario di giornata).
Privilegiava, però, gli spazi più aperti e ancora Juniores si permise di vincere in categoria la Tre Funivie di Sestriere sulla distanza completa!!!
Componente insostituibile dell’equipe nazionale dell’Atletica Cavour in Val Pellice ha lasciato il segno a Rorà nella ascesa e discesa al Rif. Valanza, alla Cumba Liussa di Villar Pellice, Al Monte Servin di Angrogna ed alle numerose staffette regionali organizzate dalla allora Polisportiva Villarese divenuta nei tempi moderni l’Atletica Val Pellice.
Al Ruccas di Bagnolo fu assoluto protagonista nella salita e discesa al Monte Rumella.
Numerose partecipazionei alla Tre Rifugi Val Pellice con piazzamenti di grande pretigio. Il suo miglior tempo di 2.12.56 gli valse il 4° posto nell’anno del record di Claudio Galeazzi.
Poi venne la malattia che lui ha combattuto con la consueta grinta: già in trattamento sanitario si intestardì a presentarsi al via, come al solito senza preparazione specifica, alla Turin Marathon  che concluse in 2.48 e spiccioli e un mare di mal di gambe (per andare a recuperare la macchina prendo un taxi, mi confesso al telefono appena conclusa la gara!!!).
Rimane uno degli atleti più amati dal pubblico per la sua capacità di essere campione senza vanità e soprattutto capace di coniugare al meglio sport ed amicizia.

venerdì 12 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: ELIO RUFFINO

Dal “Mondo dei Vinti” all’ “Albo degli Invincibili” la parabola umana e sportiva di un “piccolo grande atleta”.
…ma cosa racconta ad ognuno di voi che avete la pazienza di leggere,  il toponimo “Ciargiour”??? Probabilmente nulla…proprio nulla. E se provo ad abbinare a quel sostantivo “Forno di Coazze”? Magari ancora poco. E “Borgata Cervelli”??? Fuochino!!! Ma se a tutto questo ci aggiungo “Picchi del Pagliaio” la mente si accende  e corre verso i ricordi di una delle più spettacolari gare di Marcia Alpina che la mente umana abbia prodotto! 
Li trionfò, nella prima edizione nel 1970,  Carlo Dalmasso già celebrato Invincibile e li provò a muovere i primi passi, armato di scarponcini in pelle scamosciata per nulla “minimal” Elio Ruffino, attratto dalla cosa proprio perché lui agli alpeggi  del Ciargiour ci saliva con la famiglia ed il fratello Edo (altro grande atleta) a praticare quel mestiere così ben raccontato da Nuto Revelli nel suo libro “Il Mondo dei Vinti”. Erano gli anni ‘80 quando la “resa” si manifestò inevitabile ed Elio prese altre strade per quanto riguarda il lavoro, ma mantenne la stessa passione per quel modo strano di salire e scendere le montagne….
Il 12° posto conquistato all’esordio non lo convinse più di tanto e gli scarponcini scamosciati furono destinati per ben 5 anni solo al duro lavoro del montanaro Elio.
Però….le passioni non muoiono e nel 1976 l’esordio con il botto: partecipazione e vittoria alla  S. Ambrogio – Sacra di San Michele. E’ stato l’inizio di una lunghissima carriera sportiva durata ad alti livelli per ben 20 anni fino al successo nel 1996 nella S. Elisabetta – Croce Quinzeina e (soprattutto) ritorno. Due vittorie strepitose costruite principalmente  nelle tecnicissime, quasi temerarie discese, terreno sul quale Elio ha dato ampia dimostrazione di essere, senza dubbio, il migliore.
Dal ’76 ai primi anni ’80 nelle gare di specialità i fratelli Edo ed Elio Ruffino occupavano sovente i primi due posti in classifica per la soddisfazione della Unione Sportiva Coazze che li aveva adottati.
Non era tempo di “non competitive” o dei meno impegnativi agonisticamente “Trail” ed i Fratelli si affermarono (1978) ex-aequo alla Corsa al Colle Bione davanti ad un lotto formidabile di avversari tra  i quali il campione francese Jean Andrè.
Qualche volta si dividevano e fu così che la stessa domenica di settembre del 1980 Edo vinceva la Ivrea Mombarone ed Elio la Tre Denti di Cumiana (la discesa…ancora discesa tecnica!).
Anche per Elio (e il fratello Edo) la vita non era e non poteva essere solo corsa. Costretto a fare i conti con “Il Mondo dei Vinti”  e la voglia di farsi una famiglia costruendo un futuro migliore per i suoi figli ha trovato un lavoro “moderno” nella Cartiera con gli stressanti turni da fare convivere con la necessità di aiutare ancora i genitori nei lavori nei campi…Inevitabile un forte rallentamento nella’attività sportiva ed agonistica.
Il seme, però, era gettato e in alta Val Sangone nacque una forte passione per questo sport “povero” (e non povero sport)!
Atleti, tifosi e soprattutto Lui: il Cavalier Tessa che si mise a capo di un movimento sportivo nato per sostenere i “Fratelli Ruffino” senza dimenticare Aymar, Meo Aymar!.
Poco per volta a Elio è tornata la voglia di competere soprattutto nelle gare più tecniche, divenute rare grazie alla insipienza di qualche carica “Federale” che le definiva “pericolose”.
Abbandonati gli scarponcini in pelle scamosciata  per qualche, limitata, concessione alla modernità, Elio Ruffino ottiene 6 vittorie ai casalinghi Picchi del Pagliaio, 8 alla mitica alto canavesana S.Elisabetta  - Croce della Quinzeina, ancora 6 alla cronometro Cumiana – Tre Denti di Giorgio Mago.
Centra 5 vittorie nella Tre Rifugi Val Pellice,  vince al Castelluzzo di Torre Pellice, alla Marcia del Doundeuil in Valle d’Aosta ed al monte Chersogno in alta Val Maira.
Per uno specialista di discesa non poteva mancare nel carnet lo Chaberton, vinto per due volte quando la Cresta Nera ne caratterizzava la discesa (…72 pazzi di corsa sullo Chaberton!).
Nel 1988, dopo il terzo posto della prima edizione, conquista una strepitosa vittoria al Giro del Monviso targato Pontechianale ed in quello stesso anno di gloria ottiene il record imbattuto di salita e discesa Susa – Rocciamelone (3.14.54)-.
Se qualcuno cerca conferme sulla sua supremazia in discesa  veda la classifica de “La Course Folle” di La Plagne, in Francia, gara di sola discesa dopo essere saliti in seggiovia a ripetizione per un tempo definito…tempi da record difficilmente migliorabili.
Se gli chiedete quale è il suo segreto lui sorride e risponde nel dialetto di Forno di Coazze: “ a la valà tut li Sant i giutunt” e per la traduzione chiedete a lui….che non pago continua a correre anche se l’età fa pagare dazio anche ai migliori.
Elio, montanaro del Ciargiour,  sconfitto dal “progresso” ma riscattato dallo sport ha costruito, con la sua compagna di vita,  una famiglia invidiabile: tre figli, nessuno corre in montagna ma nella vita hanno già raggiunto eccellenti traguardi: Doriana da 12 anni vive negli Stati Uniti ed è una affermata economista alla Federal Reserve; Alberto lavora per una ditta francese con compiti di Coordinatore per l’Italia ed il Sud Europa mentre Cecilia è in rampa di lancio ma ancora alle prese con i libri.
Elio Ruffino: dal “Mondo dei Vinti” all’ “Albo degli Invincibili”!!!

mercoledì 10 agosto 2016

Valdesina: quattro passi nelle Valli Valdesi tra storia e leggende per bambini

Il progetto blog

Valdesina è una bambola vestita con il costume tradizionale valdese. Le piace molto andare a spasso e, visto che è molto curiosa, scopre sempre delle storie interessanti da raccontare sul suo blog. Il blog “Valdesina. Quattro passi nelle Valli Valdesi tra Storia e leggende per bambini” nasce nel 2013 per parlare ai più piccoli delle Valli Pellice, Chisone e Germanasca. L’obiettivo è quello di invogliare alla scoperta del territorio: in ogni articolo di Valdesina, infatti, si racconta una curiosità su un luogo attraverso parole, foto, illustrazioni, una mappa di Google e una descrizione dell’itinerario. Il blog è un progetto in continuo aggiornamento e aperto alla collaborazione con i lettori, grandi e piccini.

La redazione

Leonora Camusso
“Sono cresciuta a Prarostino e fin da piccola ho dimostrato la mia passione per il disegno facendolo diventare un lavoro. Sono cresciuta passando molto tempo all’aperto e per questo nelle mie illustazioni si vede il mio amore per la natura. Per me, lavorare al blog Valdesina, è un modo per scoprire e far scoprire la bellezza nascosta delle Valli Valdesi.”
Jenny Tourn
“Ho passato infanzia e adolescenza in Val Pellice, dando per scontati la sua storia e i suoi paesaggi. Dopo essermi trasferita, ho iniziato a provare un po’ di nostalgia per i boschi e le montagne... Questo sentimento ha preso forma nel progetto Valdesina, un modo sia di ritrovare storie che mi avevano appassionata da piccola, che di apprenderne altre a me sconosciute.”

martedì 9 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: CLAUDIO GARNIER

Torre Pellice, nel mondo della Marcia Alpina, è sempre stata una realtà semisconosciuta. Lo scettro di capoluogo nella specialità è stato assunto, negli anni, da un suo piccolo Borgo a monte del più nobile centro. Santa Margherita è il suo nome e, sempre in quel mondo, basta evocarne il nome per riportare alla mente capitoli gloriosi dello strano sport che penetra i boschi e scala le montagne.
Lì si svolge una delle manifestazioni più antiche di specialità: Castelluzzo, divenuta, in tempi recenti, i Sentieri dei Camosci. Su quello scenario si sono celebrate le gesta di tutti i più grandi campioni della marcia montana. 
In quel Borgo opera  il G.A.S.M., il Gruppo Amici Santa Margherita, polivalente nelle attività ma specializzato a individuare Campioni “indigeni” da esportare sulle scene nazionali. I fratelli Jallà e Bruno Poet sono stati gli strepitosi attori degli anni andati e lo scettro di Campione oggi è saldamente in mano a Lui inteso come il protagonista della presente scheda: Claudio Garnier !!!
Claudio risponde al cliché dell’atleta che, pur potendo vantare la frequentazione dei piani alti dello sport dal punto di vista qualitativo, entra nel cuore degli appassionati per la sua capacità di rimanere “uno di noi”. Per questo, oltre alla stima dei compagni di avventura, è considerato, dalla Val Pellice, il proprio emblema sportivo.
L’importante non è vincere ma divertirsi”: questo è il senso delle sue fatiche sportive.
Nato il 4 Aprile 1973 fa i conti con una carriera sportiva giunta al suo apice.
Le montagne percorse di corsa le ha scoperte tardi perché negli anni d’oro della potenza agonistica ha frequentato i migliori scenari dello sci di Fondo cogliendo prestigiosi successi. Un breve passaggio allo Ski roll e poi la conversione convinta alla disciplina che più si adattava alle sue caratteristiche: la  Marcia Alpina prima, divenuta poi Corsa in Montagna e poi ancora Sky race ecc….
Il suo biglietto da visita sta nelle  cinque vittorie consecutive nella corsa di casa: la classica Marcia Alpina di Castelluzzo. Due volte ha scritto il suo nome nell’albo d’oro della Tre Rifugi val Pellice prima a coppie con Mauro Bonnet (compagno anche nelle gare di sci di fondo) e poi in solitaria nella edizione transfrontaliera.
Il suo terreno ideale lo ha trovato, però, nelle gare di lunga distanza dove ha potuto dimostrare tutto il suo valore.
Il 17° posto al Campionato del Mondo nella Dolomites Skyrace segna questa sua caratteristica atletica.
Il Trail del Servin di Angrogna nasce sotto il suo segno con quattro vittorie ma i successi non si fermano qui:
nel 2012 conquista la 10° posizione al Trofeo Kima in alta Valtellina, vera università della specialità Sky Race.
Il 2° posto nella Royal Marathon ed il 3° nella Campionato italiano del “Tartufo Trail” conseguiti nel 2013 confermano la sua predilezione per le lunghe distanze.
Il successo arriva nuovamente  nel 2015 ed è una vittoria prestigiosa: la nuova versione del Trofeo Chaberton, altra gara “mitica”, lo vede protagonista assoluto con una strepitosa affermazione!!!
Lui dice che se nel suo fare sport non ci fosse la componente “divertimento” avrebbe già smesso di tempo ed il divertimento c’è ancora se nella stagione 2016 ha già messo nel carniere le vittorie nel Trail di Paesana, Vis a Viso, e nel Trail del Monte Servin oltre che il terzo posto allo Chaberton.
Ricorda volentieri le vittorie  ed anche le sconfitte ma quello che lascia il segno nella sua vita sportiva sono i bei momenti passati fra i compagni di avventura; rivali in gara ma amici appena giunti al traguardo con i quali condividere il “terzo tempo” del dopo competizione.
Corri quando puoi, cammina quando devi, striscia se serve ma…non mollare mai” questo è il suo insegnamento sportivo indirizzato soprattutto a Manuel, il figlio che ha deciso di seguire le sue orme e magari…..superarle!!!

lunedì 8 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: ADRIANO DARIOLI

… in quei tempi i loro nomi venivano pronunciati con rispetto e persino un po’ di venerazione. Loro, i protagonisti di uno sport strano ed inusuale, divenuto oggi di moda, capaci di costruire prestazioni vietate ai più  che facevano sognare gli appassionati di escursioni montane. Alla semplice “gente di montagna” facevano più effetto le due ore e due minuti impiegati da Claudio Galeazzi a percorrere i sentieri della Tre Rifugi che i nove metri del salto in lungo di Bob Beamon!!!
La culla di tanta passione ammantata di qualità era in Lombardia nell’area lecchese – bergamasca ed in Piemonte nelle Valli Ossolane.
IL “Bar Emma” nel bergamasco, La “Genzianella” (Guidina Dal Sasso) e “Bognanco” nelle piemontesi Valli Ossolane le principali “scuole”.
Giupponi, Valicella, Bonzi a esemplificare quella lombarda e per quanto riguarda le Valli Ossolane nel loro complesso Balbi, Allegranza, Scrimaglia, Andreolotti, Galeazzi e ADRIANO DARIOLI.
Adriano Darioli è nato a Bognanco il 14 gennaio 1954. Nato, inevitabilmente,  con gli sci ai piedi: sci di fondo, sci alpinismo e marcia alpina erano, in quei tempi, parenti strettissimi e  la Federazione di riferimento più appropriata per l’ultima specialità citata sarebbe stata proprio la FISI in luogo della FIDAL.
Le imprese sportive di Adriano iniziano proprio dagli sci dove viene inserito nelle squadre nazionali di Fondo e di Biathlon. Li conquista complessivamente 19 titoli di Campione Italiano che lo hanno portato a rappresentare l’Italia in due olimpiadi con un 5° posto come migliore risultato.
Ha partecipato a ben 5 Campionati del Mondo: 2 per quanto riguarda il Fondo (Juniores – 6° e 4° posto) e 3 per quanto riguarda il Biathlon con un 5° posto conseguito come miglior piazzamento!
Ma le montagne ossolane non scompaiono in primavera ed allora perché non tradurre questa eccelsa qualità atletica mantenendosi in forma praticando quello strano sport che si chiamava “Marcia Alpina”???
Ed eccolo apparire, sempre in qualificata compagnia,  allo Chaberton e alla 3 Funivie del Sestriere.
Non poteva mancare la Val Pellice con una prima apparizione  ad Angrogna a percorrere i sentieri del Servin  in compagnia dell’amico e collega di fatiche sciistiche Willy Bertin. Soli tre secondi li hanno divisi al traguardo nell’edizione 1975.
La Tre Rifugi Val Pellice lo vede tra i protagonisti sul finire degli anni ’70.
Problemi fisici hanno interrotto la sua carriera agonistica troppo presto: nel 1991 ha dovuto abbandonare sci e scarpette ma non il mondo dello sport sia pure con ruoli diversi:
21 anni di servizio (Soccorso alpino della Guardia di Finanza) alle basi di elisoccorso  di Borgosesia e Novara e istruttore di fondo per i futuri campioni Ossolani.
Se avete occasione di raggiungere le Valli Ossolane nei moderni tempi delle frequentatissime Sky Race chiedete di Lui: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Lo troverete intento ad organizzare fatiche altrui dopo avere dato ed avere tratto grandi soddisfazioni ad uno sport che non ha pagine sui giornali ma che fa sognare gli appassionati.

giovedì 4 agosto 2016

DAVID LE CAPITAINE (1662-1737) Storia di un “invincibile” di Giovanni Peyrot

Prefazione

Le fonti storiche di questo testo sono state raccolte dai miei nonni e da mio padre, Enrico Peyrot, profondo studioso di storia valdese. Avendo io ereditato una grande quantità di appunti e documenti della famiglia grazie all’impegno di accumulo e di ricerca di chi mi ha preceduto, ho potuto redigere, nel 1989, un ponderoso volume dal titolo “Una famiglia valdese attraverso i secoli” stampata in dieci copie. Una di queste copie è presente presso l’Archivio storico del Centro Culturale Valdese di Torre Pellice e può essere liberamente consultata. Da questa storia compilata in più di due anni di lavoro, è sorta una lunga trattazione genealogica con aneddoti, ricordi e riferimenti ai quali più volte ho attinto per comporre alcuni altri miei libri.
È ora venuto il momento di onorare uno dei personaggi più significativi di questa opera, per descriverlo nei tragici avvenimenti della sua epoca: David le Capitaine. Basandomi su fatti storici ben provati in centinaia di documenti e pubblicazioni della sua lunga ed avventurosa esistenza, mi sono permesso di ricostruire alcuni episodi immaginandoli, per mancanza di ragguagli più precisi, ed aggiungerne altri, affatto inventati o romanzati. Oltre al piacere di ricostruire la biografi a di questo nostro avo, non tanto diverso da molti altri della sua epoca, accomunati dalle stesse tragedie storiche ed umane, ho cercato di indagare su eventi che non hanno mai smesso di tormentare l’umanità intera fin dalle sue origini: guerre e migrazioni. Infatti, le guerre e le migrazioni, che, ancora oggi, suscitano orrore e miserie a livello planetario, presentano caratteristiche variamente interpretabili dal punto di vista etico e filosofico estendendosi dal male più cupo al progresso ed al rinnovamento.
La guerra, in quanto fenomeno sociale, ha numerosi rifl essi e accostamenti con la cultura, la religione, arte, costume, economia, miti, e con l’immaginario collettivo, ma la realtà stessa del fenomeno spesso cambia nella sua essenza, contribuendo ad esaltarla o condannarla. 
La condizione umana è complessa comprendendo anche il rischio, la cui caratteristica è di affrontare il pericolo per desiderio di avventura. Da quando l’Homo sapiens è uscito dalla sua culla tropicale africana originaria, alcuni milioni di anni fa, separandosi evolutivamente dalla scimmia, si è espanso in tutto il pianeta, esprimendosi in relazioni di cooperazione e competizione nei confronti dei suoi simili. La necessità di rafforzare il proprio potere nella società, lo ha portato all’astuzia, al nepotismo, all’opportunismo, alla tirannia, all’aggressività e, nelle situazioni estreme, alla guerra. Nella guerra ha il sopravvento la natura istintiva arcaica e l’eredità condivisa con i primati.
A questo punto non contano più cultura, intelligenza o morale. L’altruismo è riservato ai consanguinei e collaboratori, mentre si formano, in modo pressoché automatico, le gerarchie. A volte l’uomo è mosso da scopi nobili e collaborativi, ma poi ricade nell’istinto egoistico che porta a lotte e genocidi. In ogni epoca ha realizzato sistemi di controllo sociale per evitare il conflitto,
ma, non appena le regole vengono meno, o sono ingiuste, o mal sopportate, le tendenze violente riemergono. Un fattore molto forte che ha sempre innescato guerre è il motivo religioso. Un preteso diritto derivante da credenze in fedi diverse, o interpretazioni personali di scritti e tradizioni precedenti, diventa, per un popolo o gruppo religioso, motivo per lanciare una guerra di aggressione verso quello che è individuato come bersaglio della propria insoddisfazione.
Anche se persecuzioni ed eccidi a sfondo religioso non sono mai cessati, in Europa non si sono più combattute vere guerre per motivi di fede dal 1648, anno della pace di Vestfalia, che ha chiuso la guerra dei trent’anni. D’altra parte, l’istinto di sopravvivenza, la preservazione del proprio territorio,
la difesa dei propri mezzi di sussistenza, sono alcuni esempi di come una comunità può essere spinta a prendere le armi contro una comunità nemica che mette a rischio spazi, diritti, valori o beni acquisiti ed irrinunciabili. A motivi di tipo egoistico o utilitaristico si affiancano spesso motivazioni psicologiche come odio, disprezzo, vendetta e paura.
La guerra può portare gli uomini alla morte o a condizioni fisiche ed emozionali estreme. Ma anche altri sono i significati della guerra. Le periodiche estinzioni di centinaia, migliaia o milioni di individui creano nuovi spazi e nuove condizioni di rinascita. Questo cinico concetto è stato più volte considerato nel passato e anche ampiamente sviluppato dagli studi sull’arte della guerra di Nicolò Machiavelli (1469-1527) o dal pensiero filosofico dei “corsi e ricorsi” di Giambattista Vico (1668-1744). Inoltre, le difficoltà che l’uomo deve affrontare per non perire, rientra nel quadro darwiniano della evoluzione in cui solo l’individuo più adattabile riesce a sopravvivere. Infine, odio, paura disgusto, rabbia, sorpresa, tristezza ed ansia sovente agiscono sui circuiti emozionali proteggendo da distrazioni ed errori, insegnando a cambiare strada per raggiungere l’obiettivo, spingendo in modo vantaggioso all’azione, aumentando lo spirito critico e le capacità persuasive. Il conflitto armato è stato considerato anche come un incentivo, o una molla, per risvegliare la forza di volontà, la meditazione, e spronare a superare meglio le difficoltà della vita. Eccita emozioni e sentimenti positivi e negativi stimolando strategie e metodi che spesso aumentano la creatività e talora portano alla produzione artistica e a invenzioni utili all’intera umanità.
Per quanto riguarda le migrazioni, queste sono fenomeni che avvengono da sempre e riguardano tutti gli esseri viventi. Per gli animali, si riferiscono di solito a spostamenti naturali periodici o stagionali alla ricerca di condizioni alimentari o riproduttive più favorevoli. In genere questi spostamenti seguono rotte ben precise, anche lunghe, che poi sono seguite da un ritorno alle zone di partenza. Anche le migrazioni di moltitudini di persone, o addirittura di popoli interi, avvengono dai primordi dell’umanità, ma le cause determinanti sono molteplici. Carenza di cibo, malattie, desiderio di avventura, aggressività, desiderio di potere e, infine, guerre per motivi politici o religiosi in cui rientrano ignoranza, intolleranza, egoismo, e fanatismo. Nella sua esistenza, David, assistette a ben tre migrazioni dovute a motivi politici e religiosi. Anche se l’uomo è fornito di intelletto, coscienza di sé ed intelligenza superiore, capaci di portarlo a mete etiche, culturali e morali sublimi, tuttavia, le passioni peggiori possono esplodere in lui portandolo a compiere orrori e crudeltà che non sono concepibili neppure nel mondo animale.
Se il male esiste, esiste anche il suo opposto. Se esiste l’odio esiste anche l’amore. Sta proprio ad ognuno di noi, con il ragionamento, la collaborazione e l’esperienza, trovare le soluzioni migliori per rispondere ai continui terribili dilemmi dell’uomo, questo “eterno divino scontento”, nei confronti del suo prossimo.
Giovanni Peyrot

Introduzione

Era una bella e lunga serata estiva del 1735. Il sole, ormai quasi al tramonto, splendeva ancora caldo sulla valle illuminando campi, boschi e piccoli villaggi. Nella campagna, lungo il fi ume e sulle alture circostanti, si ergevano campanili, torri di palazzi e fortilizi, appena visibili fra le fronde dei boschi.
Dal balcone della sua rustica e semplice abitazione sulla collina, David stava osservando l’ampio panorama che si estendeva dai monti fi n verso la pianura padana, oltre l’orizzonte grigio verde, confuso fra le nebbie lontane ed il cielo azzurro.
David era un vecchio dai capelli e barba bianchi. Una cicatrice, appena visibile, e parzialmente nascosta dai capelli, si estendeva dall’ampia fronte alla guancia destra. La pelle del viso e delle mani era abbronzata, e vivaci, profondi occhi neri brillavano fra lunghe ciglia e sopraciglia. Indossava un ampio camicione di ruvida tela grezza aperto sul petto, pantaloni di fustagno e grosse scarpe di cuoio con lacci avvolti alle caviglie. Da poco superati i settantaquattro anni, aveva un aspetto robusto e fi ero. Sedeva su uno sgabello di legno, e sembrava assorbire con piacere gli ultimi raggi solari che, con il loro tepore, attenuavano i dolori del corpo, provato dagli anni, dalle fatiche e dai traumi di un’intera
vita avventurosa. Stava appoggiato al grosso trave che fungeva da balaustra e lasciava vagare la mente. Ormai era anziano e si rendeva conto di aver quasi esaurito la sua lunga esistenza. Rivolse lo sguardo davanti a sé, vagando con gli occhi sul vasto e sereno panorama, cercando di dare un significato all’ormai breve futuro che lo aspettava, ma il pensiero tornava spesso alla vita trascorsa con i suoi tumultuosi ricordi.
In casa, nella contrada e nel suo paese, era considerato ed apprezzato come un saggio patriarca, circondato da numerosi fi gli, nipoti, parenti ed amici. Aveva vissuto in un periodo tormentoso, sperimentato grande miseria da bambino, duro lavoro nei campi da giovane, persecuzioni, ed infine l’esilio nell’età matura, con tutto il suo popolo. Tante privazioni, tanti lutti, ma, finalmente, la fortuna e la volontà avevano prevalso. Dopo le prime soddisfazioni militari durante l’espatrio, era ritornato al paese natio ed alla nuova lotta per emergere, cominciare a ricostruire una vita ed una famiglia, assieme ai suoi parenti sopravvissuti e con gli amici. Infatti, ora, David, avendo viaggiato per mezza Europa, fornito di esperienza contadina e militare, con il titolo di capitano, ricco di conoscenza e di saggezza, aveva raggiunto prosperità e reputazione.
Negli ultimi anni era diventato un discreto proprietario terriero da cui dipendeva l’attività ed il benessere di tutta la famiglia e quello di numerosi vicini e collaboratori.
Senza nulla togliere all’importanza dei suoi antenati, egli fu, forse, il più significativo degli avi della famiglia Peyrot. Avendo conosciuto sia miserie che fasti nella vita militare europea del tempo, fu il primo ad elevarsi al di sopra della tradizione contadina. Da lui discesero molti personaggi e famiglie intere che si distinsero, nei secoli successivi, per laboriosità, onestà, cultura, ricchezza e fama.

Biografia dell'autore

Giovanni Peyrot: nato a Torino nel 1935, medico, ha esercitato la professione presso l’Ospedale Civile di Pinerolo dal 1961 al 1991. Fra i fondatori dell’“Osservatorio Astronomico Valpellice” (1989), fu promotore (2003) del “Museo Civico del Gioco e del Giocattolo”. Ha già pubblicato “I fantasmi di Villa Olanda” (2010), “Tre racconti per tre nipotine” (2010), “Una vacanza in Montagna” (2011), “Il mistero delle Terre Nere” (2012), “Nuovi amori ed antichi templi” (2013), Verdelibri Editore (To). “Mito, sogno e realtà”, Montedit 2012, ha conseguito diversi riconoscimenti fra cui il 1° premio letterario per la saggistica FEDER S.P.E.V. (2013). “Diario di un contadino di Rorà” (2013), “Emozioni di gioventù” (2014) e “Diario di una missionaria evangelica a Tahiti” (2015), “Frammenti di vita e di morte. Ricordi di un vecchio medico” (2015).

lunedì 1 agosto 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: PAOLA DIDERO

Era la metà degli anni ’70 quando a Cesana centinaia di spettatori attendevano ed assistevano all’arrivo dei Campioni di uno sport inusuale a quei tempi: la Marcia Alpina.
Recitava il titolo a nove colonne di un quotidiano nazionale: “72 Pazzi di corsa sullo Chaberton”. Tanti erano coloro che si cimentavano in una vera e propria Impresa Sportiva: salire da Claviere la vetta dello Chaberton e scendere a Cesana per la Cresta Nera nell’occasione attrezzata da alcune corde per rendere più sicura una discesa per super specialisti.
Era tutto coniugato al maschile perché le ragazze (in allora) che affrontavano l’impresa erano davvero poche e, per lo più, considerate un supporto quasi folkloristico a corollario degli atleti maschi “eroi”!!!
Alcune “ragazze” si incaricavano di fare ricredere l’opinione popolare: Maria Long, Severina Pesando, Ivana Giordan, Elena Dugono e, soprattutto lei, Paola Didero.
Lei, conosciuta e riconosciuta inizialmente come “la moglie di…”, si è ritagliata il suo spazio fino a vivere agonisticamente di luce propria!
Nel ‘76 il suo esordio agonistico nella sua Valle. Qualche edizione di collaudo con buone prestazioni soprattutto nella salita, sua grande specialità, e poi la vittoria nella edizione nel 1988 proprio sullo Chaberton quando, purtroppo, l’incompetenza Federale aveva provveduto a ridurre il tracciato di gara ritenendola eccessiva per la categoria femminile (????).
Nata nel 1952 (si può dire, si può dire….) in Val Susa ed in specifico a Chiomonte e da buona valligiana ha “scelto” i percorsi sontuosi e selvaggi della montagna in luogo delle più confortevoli ma altrettanto alienanti corsie delle piste di Atletica.
Protagonista della Tre Rifugi Val Pellice nelle varie versioni vanta 2 vittorie in coppia (con Maria Long: nel 1986 in 3.14.50 e l’anno successivo in 3.00.38) ed altre vittorie nella formula individuale e ridotta (ancora Fidal male docet!!!).
Il suo protagonismo su monti e creste non finisce li: nel 1987 conquista la vittoria alla prima storica edizione del “Giro del Monviso” con partenza ed arrivo a Pontechianale e si ripete alla “Prima” dell’Orsiera. Successi che gli valgono anche il titolo di Campionessa Fidal di Corsa in Montagna.
Un serio problema fisico ha rallentato le “sue” corse prima dei quarant’anni di età, proprio quando il fisico raggiunge il vertice di espressione potenza/resistenza.
Anni (10) di “fermo atletico” con prospettive nulle (…la medicina: scienza imperfetta…) e tanta nostalgia e malinconia. Poi un intervento risolutivo e la ripresa dell’attività. La vittoria alla mitica Madonna ai Piani nel 2012 ha certificato la piena ripresa fisica, ovviamente adeguata ai 50 anni di età compiuti proprio in concomitanza con la vittoria alla gara “quasi in Valle d’Aosta” organizzata dal mitico Marco Morello.
Il tempo per riposizionare l’esistenza in funzione degli impegni famigliari (l’evoluzione esistenziale le ha portato due nipotine) e dell’agonismo possibile finalizzato al benessere e poi via a ripercorrere ancora adesso i sentieri delle nostre montagne.
Ovviamente, anche Lei e attesa dagli “Invincibili” a Bobbio Pellice il 9 ottobre.