Trail Degli Invincibili

Un bellissimo Trail attraverso luoghi spettacolari, insoliti, racchiusi da una cerchia di monti dove tra tutti emerge il Cornour, da questa parte quasi inaccessibile!

Il nuovo percorso

Un nuovo Trail in Val Pellice con partenza ed arrivo dal Laghetto Nais di Bobbio Pellice!

Un occasione per conoscere la nostra Valle

Il nostro "Trail degli Invincibili", oltre ad essere un importante momento di sport vuole essere un occasione per conoscere il territorio della Val Pellice, non solo per le sue bellezze paesaggistica ma soprattutto per la sua ricca storia e cultura.

mercoledì 15 giugno 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: GABRIELE BARRA


Lui, a dire il vero, pensava di fare il ciclista (come sport e non come mestiere) nella età delle indecisioni, trascorsi più di quindici anni da quando nacque, il 12 maggio 1954, nelle lande pianeggianti di Baudenasca. Allievo nella storica “Condor” del cavalier Moschino e dell’allenatore Godino, epica società ciclistica di Pinerolo che ha prodotto campioni quali Mario Vaira.
La trasformazione in “podista di montagna” avvenne più tardi, nel 1976, quando collaudò i motori in qualche garetta di seconda fascia per poi recitare la “prima” alla Tre Rifugi Val Pellice nell’edizione 1978 conclusa con l’amico Piero Girò in 2 ore 46 minuti e 50 secondi.
La Tre Rifugi è stata il suo faro sportivo che ne ha illuminato la statura agonistica: circa 30 partecipazioni ma, soprattutto, ben quattro vittorie (1984, 1986, 1987, 1988) e numerosi podi!!!
I sentieri della Val Pellice li conosce bene. Su quei sentieri ha costruito molto della sua carriera sportiva: numerose le vittorie: Lusernetta, il Giro del Cruel di Bobbio Pellice, le staffette provinciali e regionali svoltesi in valle. Mancano le vittorie ma sono molti i podi conquistati nelle storiche Castelluzzo di Torre Pellice, Monte Servin ad Angrogna ed il Rifugio Valanza di Rorà.
Come tutti i Campioni ha frequentato con successo gli scenari nazionali della specialità prima definita “Marcia Alpina” e divenuta poi, aimè per decisioni federali, semplice Corsa in Montagna. Giro del Monviso (vinto a staffetta) , Chaberton, Tre Funivie, Quinzeina, questi ed altri  i suoi biglietti da visita nazionali ma Gabriele ha frequentato anche gli scenari internazionali sia per escursionismo ( India 2011) sia per agonismo con numerose trasferte in Svizzera sullo scenario maestoso della Sierre – Zinal.
Nel 2008 la sua  vita, non solo sportiva,  ha avuto una battuta d'arresto, come quando si manca un gradino e si rimane col piede e col fiato sospeso. Questa situazione però si è risolta fortunatamente con un intervento chirurgico risolutivo.
Da allora ha ripreso in mano la sua passione per lo sport e per la montagna ed è tornato protagonista
, sia pure ai livelli più consoni alla suo età anagrafica e sportiva, delle fatiche sui monti.
La sua  voglia di correre, gareggiare e non fermarsi mai si riassume nel personalissimo  motto: "Se corro è perché sto bene – se sto bene è perché corro".

mercoledì 8 giugno 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: l'eroica falange degli "INVINCIBILI"

Ai primi di luglio del 1686 la guerra sembrava terminata: si erano licenziate le truppe francesi perché ormai, come aveva dichiarato il generale Catinat, il paese era “interamente desolato e non vi rimaneva più nulla, né popolo né bestiame”. Le valli erano ormai “purgate” e “nettate”, secondo le “eleganti” espressioni ducali. Vi regnava il silenzio dei deserti e dei cimiteri e le lodi di papa Innocenzo XI erano già giunte a Vittorio Amedeo II.
Ma s’ingannavano tutti costoro. Mentre le migliaia di prigionieri agonizzavano nelle carceri del Piemonte ed i loro beni confiscati si vendevano all’asta, ecco ricominciare inaspettata e veramente miracolosa la resistenza in virtù dell’eroica falange degli “Invincibili”.
“… Peu à peu ces rudes montagnardes se repprochérent, se réunirent, s’organisérent …”
Fu qualche cosa di prodigioso. Un manipolo di superstiti al comando di Paul Pellenc si riunirono al Bessé, all’ingresso del Vallone del Subiasco rifugiandosi poi fra le inaccessibili rocce di Barma d’Aut ed alla Guglia di Giaussarant. Qui, scampando in modo incredibile alle più accurate ricerche, nascosti in caverne solo da loro conosciute, nutrendosi di erbe, vissero di speranza e di disperazione insieme: una energia indomabile li sorreggeva! 
Di notte, con spedizioni fulminee, scendevano a spargere il terrore tra i savoiardi ed i biellesi che s’erano stabiliti nelle loro terre e sbaragliavano i soldati che il Duca s’era visto costretto a raccogliere e mandare di nuovo nelle Valli. 
“Imprévus dans l’attaque, insaisissables dans la fuite …. Ces montagnards désésperés causerènt un terreur qui croiassait avec leurs victoires”
La guerriglia si prolungò per vari mesi, finché Vittorio Amedeo, impensierito alla prospettiva d’una lotta di cui non poteva prevedere la durata, scese a patti coi duecento, chiamati ormai, “Invincibili” eroi. 
Questi, tuttavia, ammaestrati da una dura esperienza, dichiararono di non fidarsi delle semplici promesse ducali: vollero ed ottennero degli ostaggi. E dopo una tregua di due mesi, durante i quali poterono mandare due deputati a Ginevra per chiedere il parere di Gianavello e di Arnaud, il Duca propose loro l’emigrazione nelle condizioni e con tutte le garanzie che avrebbero voluto. L’accordo fu stipulato alla fine di settembre 1686 nella borgata Perlà a Bobbio alle seguenti condizioni: 
a) I duecento riceverebbero tutti gli ostaggi da loro designati ed i passaporti per andarsene in Svizzera a piede libero ed armati. 
b) Partirebbero in tre squadre, con facoltà di condurre seco i loro parenti che si trovavano tra i prigionieri. 
c) Appena giunta la terza squadra a Ginevra, tutti i prigionieri valdesi sarebbero liberati e condotti in Svizzera a spese del governo ducale. 
Questo accordo venne tosto confermato il 17 ottobre a Lucerna mediante un trattato del Duca con la Svizzera, la quale prometteva di accogliere i Valdesi e di vegliare a che non rientrassero in Piemonte.
Vi è dunque ragione di credere che, senza l’inflessibile energia dei duecento invincibili, non si sarebbe più parlato di emigrazione e che durante l’inverno i prigionieri sarebbero periti tutti quanti in fondo al loro carcere. Non già l’esilio dei Valdesi aveva, Luigi XIV, imposto al Duca di Savoia, bensì il loro sterminio; se lo sterminio totale non si effettuò, bisogna attribuirne il merito soprattutto alla meravigliosa resistenza d’un manipolo di eroi.
E poi questa storia continua ….

Fonti: 
David le Capitaine Storia di un “invincibile” di Giovanni Peyrot
Breve Storia dei Valdesi di Ernesto Comba
Nella foto una collezione di beidane conservate nel Museo Valdese di Torre Pellice. La beidana è un attrezzo, parente della roncola, che trova impiego in agricoltura fin dal XIII secolo: il suo nome viene dal “patois” della Val Pellice dove servì come arma e come attrezzo al combattente valdese che era, in sostanza, un guerrigliero di montagna.

lunedì 6 giugno 2016

Mercoledì 6 luglio la CronoRocca Cavour: la grande gara sul piccolo monte

*** La partenza del primo concorrente anticipata alle ore 19,30 ***
Battezzata con il rito “Uisp” che per la prima volta affianca la Federazione Italiana di Atletica Leggera, si ripropone per l’ennesima volta la Crono Rocca a Cavour nella serata, speriamo meteorologicamente specchiata, di Mercoledì 6 luglio.
La storia sportiva legata alla Marcia Alpina a Cavour, variamente definita nei tempi attuali in Corsa in Montagna, Sky Race oppure ancora Trail, ha inizio nel 1975 complice la “scuola” dello S.C. Angrogna (docente tale Valdo Bertin) e la presenza della “Rocca”, vero impianto sportivo naturale costruito a costo zero nei secoli andati e che richiede solo limitati interventi di manutenzione dei sentieri.
La genesi fu l’Atletica Cavour che su quell’impianto costruì la sua epopea ad iniziare dalla "Cursa d’la Scala" Santa targata 1975, quando ancora chi correva veniva gentilmente invitato ad andare a lavorare.
Decine di manifestazioni sportive sono state organizzate sul “piccolo monte” di Cavour sfruttando la ricca sentieristica  e le due strade di accesso alla vetta.
Dopo 10 edizioni della Scala Santa vennero le Staffette fino all’apoteosi del Campionato Nazionale di specialità del 1987 (regnante Giulio Brarda) seguita da varie edizioni di staffette nazionali e di Campionati Regionali.
La Rocca servita in tutti i modi ai desideri masochisti degli appassionati di fatiche montane!!!
Nacquero  a Cavour, il 18 Luglio 1986, le garette serali che in formula “non competitiva”  invadono adesso  di fatica e sudore ogni paese e borgata.
Nei tempi in cui era considerato un ossimoro  il concetto  “non competitivo” applicato ad una manifestazione sportiva esordì, assumendosi i rischi delle imprese pionieristiche,  la Crono Scalata alla Rocca di Cavour di ben 1,8 Km e 160 metri di dislivello!!!
Li si celebrò l’epopea di Valter Rossa, in arte “Marinot” che stabilì,  sul percorso P.zza Solferino (del peso)  Pilone della Vetta percorrendo la strada sud della Rocca, l’imbattuto record di soli 7 minuti e 37 secondi (1988).
Si ripropone ancora una volta, e sarà la sera di MERCOLEDI’ 6 LUGLIO, la manifestazione sportiva che attraverso successive modificazioni genetiche ha assunto la denominazione attuale di “Crono Rocca” e  lo si  fa  su un tracciato inedito a conferma delle immense potenzialità del “piccolo monte”: percorso di sola salita interamente su sentieri dopo l’esordio muscolare sulla Scala Santa seguita da circa 100 metri di velenoso asfalto. La lunghezza del tracciato è di 1,97 Km ed il dislivello di 220 metri circa. Non che il “piccolo monte” sia cresciuto; in natura è alto appena 160 metri,   ma lo sviluppo del tracciato determina questi dati tecnici. Un “Vertical Sunset” o, più realisticamente, uno “Slanting Sunset” particolarmente adatto ai corridori di salite sterrate.
Alla gara seguirà il consueto ricco buffet e la serata si concluderà con il calare della notte che metterà fine alle infinite discussioni del “se fossi…e se avessi..” del dopo gara e condurrà tutti nel sonno ristoratore e nei sogni di glorie sportive future!
..per tutti l'ultima fatica letteraria di Dario Viale "Trail de Vie" e per i migliori l'artristico Trofeo ideato dall'artista Bruno Fusero e realizzato da Massimo Domenino che immortala il caratteristico passaggio al "Turiun".
Le iscrizioni alla mail carlodegio@gmail.com entro le ore 24 di Lunedì 4 Luglio e le info al cell.3314462025

sabato 4 giugno 2016

Galleria degli Invincibili tra storia e sport: WILLY BERTIN

“Bertin s’arrende solo al destino” titolava La Gazzetta del Popolo a tutta pagina nel 1976 quando alla seconda partecipazione olimpica (la prima a Sapporo, 12°, nel ‘72) centrò la 4° posizione, nella prova di Biathlon, dopo avere accarezzato a lungo il “sogno” della medaglia d’oro.
Prosegue il cronista: 
“Ancora una volta la balena bianca è sfuggita beffarda alla caccia di capitan Achab. Ancora una volta la sorte ha scherzato con le sofferte aspirazioni di Willy Bertin illudendolo di avere centrato quella preda che braccava da quattro anni, inseguendola sci ai piedi e fucile in spalla. Dall’Italia all’Austria, via Giappone: la medaglia olimpica del biathlon.”
Purtroppo la logica del numero ha avuto il sopravvento: difficile battere tutti i 30.000 sovietici che praticano questo sport.” era la rassegnata conclusione di Willy.
In un mondo che abusa di appellativi per celebrare i campioni veri o presunti dello sport Lui è un “Gigante” vero!!!
Montanaro di Angrogna ha onorato il suo piccolo Paese e l’Italia intera con la maglia delle Fiamme Gialle di Predazzo praticando tutti gli sport che richiedono fatica ma non trovano grandi spazi sulle testate sportive: Biathlon, Sci Alpinismo e Marcia Alpina.
Il suo palmares nella specialità che fu la Marcia Alpina è davvero impressionante soprattutto se si considera che per lui la pratica di questa disciplina rappresentava semplicemente un “allenamento a secco” finalizzato all’agonismo invernale sugli sci:
Il Servin, il monte di casa, lo ha visto vincitore per cinque edizioni mentre quattro sono state le affermazioni allo Chaberton.
In quei tempi a Sauxe d’Oulx si correva il “Genevris” – Trofeo Tenente Zorzetting e lui portò a casa tre vittorie come pure alla Ruata – Pramollo.
In Valle Pellice, oltre al Trofeo Monte Servin si ricorda una sua vittoria a Castelluzzo ed un terzo posto alla Tre Rifugi dell’esordio. Correva l’anno 1972.
Lo sci, nelle varie interpretazioni, lo ha visto raggiungere le quote più eccelse.
Olimpionico di Biathlon per due edizioni consecutive ha iniziato la sua carriera nelle Fiamme Gialle di Predazzo nel 1964 approdando presto nella squadra nazionale di fondo (1972). Sci ai piedi e fucile in spalla ha vinto ben 13 titoli di Campione Italiano.
Nello sci alpinismo vanta due terzi posti al “mitico” Mezzalama e numerose vittorie al Trofeo Parravicini (Paganella), alla Tre Rifugi di Mondovì, la Pizzolada delle Dolomiti ed il valdostano Trofeo Rollandoz senza dimenticare i quattro primi posti al Trofeo 5 Nazioni.
In anni recenti ha trasportato la sua passione sportiva a Rukas dove trasmette ai più giovani la sua passione per lo sci. Campione di sport e di modestia mai sufficientemente riconosciuto merita un posto in prima fila nell’Albo degli Invincibili con la speranza di vederlo domenica 9 ottobre sui sentieri di Bobbio Pellice ad incitare gli sportivi di adesso.

giovedì 2 giugno 2016

Di un torrese, PAOLO PASCHETTO, l'emblema della Repubblica Italiana ....


Oggi 2 giugno è la Festa della Repubblica Italiana, una giornata celebrativa nazionale italiana, istituita per ricordare la nascita della Repubblica Italiana, nella data del referendum istituzionale del 1946 (ricorrono i 70 anni),
Ma lo sapevate che l'emblema della Repubblica è stato concepito in Val Pellice?
Ebbene sì! Nel 1948 la Commissione Parlamentare incaricata di scegliere tra 200 progetti lo stemma della Repubblica, diede la preferenza al bozzetto presentato dal prof. Paolo Paschetto, docente dell'Accademia di Belle Arti di Roma.
Il prof. Paschetto, nato a Torre Pellice nel 1885 dove vi morì nel 1963, è altresì noto per essere l'autore di alcuni francobolli, compresa “la rondine” della prima emissione italiana di posta aerea, ed è l'autore degli affreschi all'Aula Sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice. A Torre Pellice una via è intitolata al suo nome.

La lettura dell'emblema (dal sito www.quirinale.it)
L'emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia.
Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale.
Il ramo di quercia che chiude a destra l'emblema, incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Entrambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo. 
La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese.