“Lui”, classe 1948, la Valle Pellice l’ha frequentata ante litteram indicando come “litteram” la sua esplosione atletica e, conseguentemente, la sua fama come protagonista delle lunghe fatiche nel deserto.
Qualcuno ancora lo ricorda all’inizio degli anni ’80 attendere, appartato ed in solitudine, l’apertura delle iscrizioni della Rorà – Valanza – Rorà, classica di Marcia Alpina allestita a Rorà, appunto, dalla locale Pro Loco supportata dall’Atletica Cavour “in trasferta”.
In valle, però, ha lasciato impronte prestigiose con la vittoria del 1989 alla Tre Rifugi Val Pellice fermando il crono a 2.08.23 ovvero sotto il limite delle 2 ore e 10 minuti che attribuisce la “Laurea Onoris Corsa” ai faticatori di passioni montane.
Due volte secondo nella stessa manifestazione negli anni 1993 e 1994 quando il Principe delle fatiche era Livio Barus.
“Lui”, però, ha frequentato anche scenari internazionali e li si è costruito la meritata fama: 2 vittorie alla U.T.M.B. (per i non specialisti l’Ultra Trail Mont Blanc) per misurarsi sulle lunghissime distante (166 km) e poi la via del Deserto dove Marco è letteralmente esploso a livello internazionale trovando la sua vera dimensione atletica e, persino, filosofica!
Ha dominato la Desert Cup con ben 4 vittorie confermando il suo valore tra le dune desertiche con tre podi alla Marathon Des Sales.
Al cospetto di questi impressionanti successi la sua vittoria alla Tre Rifugi di Mondovì e decine di altri successi inevitabilmente, diventano “minori”.
Pochi lo sanno ma Marco atleticamente è nato fondista e sci alpinista ma qui occorrerebbe aprire una nuova scheda.
Le sue trasferte in luoghi disagiati tra popoli che vivono, a volte, ai limiti della sussistenza lo ha portato alle testuali:
RIFLESSIONI DI UN CORRIDORE
“Io ho gareggiato prima in montagna, poi in molti deserti nel mondo e spesso mi chiedono quale dei due preferisco e qual è la differenza. La natura ha creato prima la sabbia dei deserti e le asperità montane. Solo dopo vennero, per mano dell’uomo, l’asfalto ed il più tecnologico tartan. Conseguentemente, chi come me ama correre in natura preferisce i primi due elementi.
Ho corso in valli e deserti con paesaggi bellissimi ed ho gareggiato e mi sono allenato con tutto il necessario per il tragitto e l'assistenza di un'organizzazione che mi a garantito la sicurezza. Ma io lo faccio per sport. Non posso dimenticare, però, la dure condizioni delle popolazioni che hanno dovuto per motivi vari rifugiarsi nei deserti o in valli impervie e li, con fatica e sudore, hanno creato il loro mondo lottando contro le avversità logistiche. Hanno costruito terrazzamenti sui monti, pozzi ed oasi nel deserto e con queste opere hanno garantito la loro sopravvivenza. Il loro “sudore” merita, da parte nostra, un grande rispetto!!! Noi frequentiamo quei luoghi per sport. La nostra fatica ha un aspetto addirittura ludico e, per faticare in sicurezza, paghiamo pure.
A volte mi sento “in colpa” per tutto questo come se il mio gesto atletico deridesse le popolazioni locali e la loro lotta vera contro gli elementi avversi.
Per questo voglio esprimere la mia vicinanza ed apprezzamento per quelle popolazioni.”
Dopo questa considerazione espressa da Marco, la sua “scheda” non può che chiudersi con una riflessione anche da parte del Trail degli Invincibili: CHAPEAU MARCO OLMO!!!