sabato 18 aprile 2020

CORSE DELL’ALTRO SECOLO: LA CUMIANA – TRE DENTI


IL CAI, L’ATLETICA CUMIANA E L’ENFANT DU PAYS (in illo tempore) ALDO TURINETTO



L’avvistamento della caserma dei Carabinieri rappresentava la visione tanto attesa dopo un’ora e spiccioli di scivolosi equilibrismi. Non tanto per la sicurezza che trasmetteva la vista dell’insegna dell’Arma quanto per l’annuncio visivo che, sommato alla voce amplificata di Giorgio Mago, preannunciava la fine dell’attività di giornata ma anche, dell’intera stagione agonistica di quello sport che anticamente si chiamava “Marcia Alpina”.

Sotto l’accogliente e protettiva ala comunale si concludeva una singolare manifestazione sportiva: la TRE DENTI di Cumiana. La Tre Denti stava alla Marcia Alpina come il Trofeo Baracchi al ciclismo in epoche nelle quali le brume settembrine ricordavano agli agonisti che era giunto il tempo del recupero fisico con l’approssimarsi dell’autunno.

Appuntamento immancabile, quindi. La festa finale con un bicchiere di tè e l’attesa della premiazione sapientemente ingannata dallo speaker che distribuiva a mani basse, conditi da spassose ma riverenti battute, premi a sorteggio di varia foggia.

L’attesa sarebbe venuta a meno nelle ultime edizioni stante l’irruzione pionieristica dell’informatica, sia pure quella primogenita delle schede perforate, introdotta da Giorgio Mago, ma si stava così bene insieme a scambiarsi promesse di spettacolari rivincite da realizzare sicuramente…nella prossima edizione!

Singolare manifestazione per la formula tecnica poco praticata, ovvero a cronometro individuale, che consentiva di ingannare la fatica facendo continui calcoli su vantaggi e svantaggi basati sul numero di pettorale dei compagni di avventura incrociati sul terreno di battaglia. Anche il tracciato aveva un qualcosa di singolare: 15 km suddivisi in modo uguale tra salita e discesa faticando sulla stessa traccia che andava e tornava circa 1000 metri più in su. Quarantadue minuti circa a salire e una ventina a scendere per l’olimpo.
Il percorso aveva un che di ingannevole: i primi due chilometri e spiccioli, scorrevano via veloci su una lingua d’asfalto che rappresentava una bestemmia per i puristi della specialità. Su quel terreno i “velocisti della piana” celebravano, ahimè anzitempo, la loro apoteosi divorando decine di avversari agognanti la fine del calvario bituminoso. L’inizio del sentiero, poi, rendeva giustizia a questi ultimi costringendo i primi ad un gesto atletico poco consono (l’Albatro di Baudelaire può rendere l’idea) ad affrontare le asperità sempre maggiori del sentiero.

Lo spettacolo, però, era rimandato sul tratto finale che dal colle portava alla vetta Tre Denti. Terreno più di arrampicata che di marcia reso ancora più complicato dal via vai di atleti impegnati chi in salita e chi in discesa a confrontarsi con l’impietoso cronometro. Nonostante la presenza di una piccola cappella sulla vetta, cui si giungeva con l’aiuto di una corda e dell’assistenza della locale sezione del Cai, la leggenda narra di impietosi ed irripetibili epiteti rivolti a tutti i santi del cielo, talvolta ammantato dal plumbeo settembrino, da parte degli atleti alla loro prima incolpevole ed inconsapevole partecipazione!
La discesa, sovente confortata dalla pioggia autunnale in quel tempo ancora di moda, rappresentava il festival dell’equilibrismo con gli atleti impegnati a scivolare ora di piedi ed ora di terga cercando di limitare i danni abbracciando, qua e là, qualche pietoso ramo di castagno proteso nell’aiuto estremo. A volte si finiva direttamente sul tronco e ciò metteva fine alle ostilità!

La lingua finale di asfalto non influiva sull’esito finale della battaglia avendo esaurito tutti, corridori e marciatori, eventuali pretese specialistiche da fare valere. Si attendeva solo la “visione” dell’insegna della caserma dell’Arma e la voce tonante di Giorgio per ritrovare la pace con se stessi e la soddisfazione di avere concluso integri l’impresa sportiva.La TRE DENTI, opera prima del CAI Cumiana, ha vissuto dal 1970 fino a fine secolo. Il debutto era stata una semplice e goliarda sfida di amici indigeni per misurare il proprio grado di pazzia creativa e per sfuggire ai richiami di Flavio Motta, di professione parroco, che li attendeva per la messa domenicale.
La nascita di una società locale, l’Atletica Cumiana, sostenuta prima da Guido Canalis al debutto e poi dal Mobilificio Toscano, dalla Stilcar e infine da Franco Freni, trasformò la goliardia in uno dei più prestigiosi appuntamenti agonistici piemontesi e l’albo d’oro sta lì a dimostrarlo: atleti del calibro di Marco Treves, Felice Oria, Erminio Nicco, Edo ed Elio Ruffino, Carlo Dalmasso, Guido Turaglio, Gabriele Barra, Franco Naitza ed il recordman Mauro Brizio. Occorre dare anche il giusto riconoscimento alla qualificatissima schiera di protagoniste femminili quali Tiziana Semeraro, Mariangela Grosso, Lorella Frasson e poi ancora Claudia Priotti, Isabella Gatti, Maria Long e Ivana Giordan.
Appena dietro c’era l’enfant du pays, Aldo Turinetto, ottimo atleta di un tempo ed al momento attuale mio compagno di moderate sudate in barcollanti avventure di agonismo attempato. Nella edizione del 1975 fece il suo esordio su quei sentieri nell’incoscienza dei 15 anni. Però, se la cavò bene, nell’esordio: 37° a soli 15 minuti dall’esperto ed affermato Felice Oria! Chissà se un giorno riuscirà a trovare a chi indicare la strada per riproporre l’avventura…
Carlo Degiovanni