Quattro minuti al km… appena dopo
i saluti di rito tra podisti questo diventa il metro di valutazione delle
potenzialità atletiche dell’amico avversario con il quale si intraprende un allenamento
o una competizione.
Chi è sotto al limite viene considerato un campione in proporzione diretta alla misura denunciata, chi sta sopra potrebbe migliorare ma è destinato ai sorrisi di compiacenza (o compassione) dei potenziali campioni.
La mia personale scoperta della
differenza sostanziale tra il “Podismo”
e la “Marcia Alpina” avvenne quando
mi resi conto che nella seconda specialità i minuti al km diventano Km orari
ovvero, la capacità di coprire, tra salita e discesa, la distanza di quattro km
all’ora! Dodici (12) infatti i minuti che impiegai a superare 500 metri di
lunghezza con 150 metri di dislivello che separavano il km 7 del tracciato allo
“scollinamento” (2338 mt.) del COLLE
DONDEUIL sulla cresta divisiva tra la Valle
d’Ayas e la Valle del Lys nella
ospitante ed ospitale Valle d’Aosta.
Dodici minuti fianco a fianco di Giacomo Cianciana, forte atleta valdostano menomato nelle sue capacità atletiche per una inabilità ad un braccio ma gambe e cuore eccellenti per compensare il limite fisico. Lui, parzialmente impedito all’utilizzo delle “braccia a pantografo” sulle gambe per aiutare la salita (l’uso dei bastoncini è consuetudine molto recente) reggeva il mio passo e celebrammo la comune fatica sulle ultime pendenze ascoltando solo il nostro affaticato respiro. Copiosi e squisiti mirtilli fungevano da ristoro per entrambi. Ogni gara porta con se dei ricordi personali ed io non posso non associare la MARCIA DEL DONDEUIL al ricordo di quell’atleta, avversario di giornata e mai divenuto amico per via della timidezza e riservatezza dei marciatori alpini.
MARCIA ALPINA DEL DONDEUIL recitava il volantino per illustrare il
regolamento della prova atletica: Challand
Saint Victor (774 mt slm) in Valle d’Ayas, Colle del Dondeuil (2338 mt) ed arrivo ad Issime in Valle del Lys (953 mt). Km 15 e 1600 metri di dislivello
positivo.
Partenza in ingannevole discesa
su tratto asfaltato presidiato, qua e là, dai residui del transito delle “Reine” oramai in procinto di
abbandonare i pascoli alpini: anche per loro si avvicinava, con metà settembre,
il fine stagione! Uno stretto sentiero dalle pendenze subito micidiali
richiedeva alla truppa la necessità di “prendere posizione” per proseguire
“gementi e piangenti in questo sentiero di lacrime e sudore” (Cit. dal Salve Regina
adattato alla bisogna) fino a raggiungere Fontaney
da dove una pista di accesso agli alti alpeggi favoriva qualche passo di corsa
prima dell’avvento di quei 12 minuti finali di salita. La discesa, più breve e
più intensa, concedeva allo sguardo solo la possibilità di presidiare con
precisione i punti di appoggio dei piedi per evitare cadute o infortuni in
attesa dell’abbraccio finale del centro di Issime imbandierato a festa per
l’occasione. E dire che il volantino citava
anche “…attraverso un paesaggio suggestivo” ma di quelle suggestioni, nella mia
mente è rimasto poco…solo quei dodici mi uti in compagnia dei silenzi (e dei
mirtilli) di Giacomo.
Stupefacente per l’epoca (anni ’80) la “diretta
televisiva” del transito degli atleti al Colle Dondeuil agli spettatori pigri rimasti ad Issime delegando ad
altri più volenterosi il tifo sul tracciato. Servizio offerto da Elettrolys di Pont St. Martin!
Uscendo dai ricordi personali ma con emozioni estendibili ai “con-passionari” la cronaca sportiva racconta di un record rimasto imbattuto di Giuseppe Genotti, immenso atleta delle Valli di Lanzo, che ha limitato la sofferenza a un’ora, 39 minuti e 50 secondi il giorno del suo trionfo nel 1983. Ci provarono a fare meglio di lui Marco Treves, Erminio Nicco, Marco Morello, Piero Dufour, Edo ed Elio Ruffino, Leandro Marcoz e Donato Ducly ma in vetta è rimasto lui, un gigante in parte inespresso per il poco tempo dedicato all’agonismo.
Poche notizie sul fronte femminile. Il “genere” ha patito nel
secolo scorso l’emarginazione maschilista e nel nuovo millennio si sta
riprendendo strepitose rivincite. Paola
Didero si incaricò di dimostrarne le potenzialità: 2.41’13” il tempo
impiegato nel trionfo del 1983. Scorrendo, poi, la classifica ufficiale scorgo
quel 1° posto “di categoria” di quel Degiovanni
Luigi, in allora e tutt’ora mio fratello. Penso non lo ricordi nemmeno lui,
e non mi riferisco all’essere fratello!
Medaglie d’oro ai primi 4 classificati assoluti, argento fino all’8° e bronzo esteso fino al 12°. Come sana tradizione Valdostana grolle ed altri prodotti in legno dell’artigianato locale a volontà per i vari protagonisti di categoria. Vigeva “regolamento locale” nella divisone degli atleti per categorie. Regolamento suggerito dal Comitato organizzatore e coordinatore delle Martze a Pià, denominazione valligiana della stessa fatica da noi chiamata Marcia Alpina.
Medaglie d’oro ai primi 4 classificati assoluti, argento fino all’8° e bronzo esteso fino al 12°. Come sana tradizione Valdostana grolle ed altri prodotti in legno dell’artigianato locale a volontà per i vari protagonisti di categoria. Vigeva “regolamento locale” nella divisone degli atleti per categorie. Regolamento suggerito dal Comitato organizzatore e coordinatore delle Martze a Pià, denominazione valligiana della stessa fatica da noi chiamata Marcia Alpina.
Carlo Degiovanni