Il ruolo dello Storico è quello di approfondire i fatti ed elaborarli in testi destinati a trasformare la semplice cronaca in Storia a beneficio della cultura “alta”.
C’è, però, il bisogno che la Storia trovi strumenti per diventare patrimonio di tutti specie quando l’evolversi dei fatti raccontati coinvolge direttamente il popolo.
Di questo si sono fatti carico Jean Louis Sappè e Maura Bertin già protagonisti della prestigiosa esperienza del Gruppo Teatro Angrogna. Lo hanno fatto raccontando in una “pièce teatrale” le vicende legate agli “Invincibili”. Un racconto coinvolgente che, pur ancorato saldamente alla realtà storica fa rivivere, in questo caso ai lettori, gli avvenimenti “dal di dentro” mettendo in luce aspetti spesso sottovalutati di vita reale.
Il testo è sostanzialmente in italiano con qualche concessione al francese ed al patouà, lingue imperanti nei territori del “racconto” in quei tempi.
IL RACCONTO
“Qui veut ouir chanter chansonnette nouvelle,
ell’est faite des Vaoudois de la val de Luserne;
n’ont pas voulu promettre changer de religion,
le duc de la Savoie , envoie ses bataillons! “
Siamo in terra valdese, in val Luserna. E’ l’estate del 1686, e il paese che Sua Altezza Vittorio Amedeo Secondo duca di Savoia, principe di Piemonte, re di Cipro e Gerusalemme eccetera eccetera attraversa con il suo stato maggiore per raggiungere il forte di Mirabouc è quasi del tutto deserto.
Un mese prima c’è stata una guerra, condotta contro i cosiddetti “ religionari” dalle truppe congiunte del Maresciallo di Francia Catinat e da don Gabriele di Savoia. E’ durata soltanto tre giorni, ma ha lasciato sul campo oltre mille morti.
Da una testimonianza di Bartolomeo Salvagiot, di Rorà : “ L’anno 1686 di Nostro Signore Gesù Cristo, li 23 aprile, hanno principiato le desolazioni delle valli di Luserna, Perosa e San Martino e altri luoghi delle valli.. Da tutte le parti vi era collera di genti nemici talmente che gli ammazzavano, gli impiccavano gli alberi, violavano le donne, saccheggiando tutte sorte di robe e bestiame, che non si trovava più niente da vivere. Da tutte le parti non si sentiva altro che grida di spavento che avevano le donne, i fanciulli e altri, che facevano orrore”.
Nous nous sommes battus pas même une semaine,
par les bois, les rochers, les montagnes et les plaines,
sans avoir assistance, ni secours d’aucun lieu:
nous ne savions que faire, si non de prier Dieu!
Ma perché questo nuovo massacro a poco più di trent’anni da quella strage passata alla storia come “ Le Pasque Piemontesi”? Non si era ancora spento il ricordo di quella guerra sanguinosa segnata dall’ epica resistenza di Giosuè Gianavello e di Bartolomeo Jahier, allorché il 31 gennaio 1686 l’appena diciottenne Vittorio Amedeo II, su pressione dello zio Luigi XIV Re Sole di Francia aveva emanato un decreto contro i suoi sudditi valdesi nel quale si stabiliva la fine di ogni atto di culto, la demolizione dei templi, l’allontanamento dei pastori e il battesimo cattolico dei neonati.
Divisi sulla convenienza di resistere o di arrendersi, i valdesi erano riusciti a trascinare le trattative fino alla primavera, ma il 22 aprile vennero attaccati dai francesi e dai piemontesi, che in tre giorno schiacciarono la loro debole resistenza.
Da una lettera del maresciallo Catinat al ministro Luvois :
“Questo paese è del tutto desolato, non c’è più affatto né gente né bestiame, perché non vi è montagna in cui non ci siamo recati. Le truppe hanno faticato per l’asprezza del paese, ma il soldato è stato ben ricompensato dal bottino. Spero che non lasceremo questo paese senza che questa razza di barbetti non ne sia del tutto estirpata. Ho ordinato di usare un po’ di crudeltà per quelli che si ritrovano nascosti nelle montagne, perché sono i più deboli; ma quelli che si possono prendere con le armi alla mano, e che non vengono uccisi, passano nelle mani del boia”
Lassù dove l’Italia si arresta dei monti ai pié
Tra i monti e la boscaglia potevan Dio pregar
La guerra, la crociata, nella sua atrocità
Ha tolto con la spada la loro libertà
Da Bobbio ad Angrogna ogni valdese morì
e nel nome di Cristo la strage si compì
Il tre maggio tutto era finito e sotto una pioggia incessante iniziava il rastrellamento sistematico dei boschi e delle caverne. Braccati senza tregua, gli ultimi resistenti erano precipitati nei burroni, o impiccati agli alberi, dove imputridivano mutilati. Sulla Gran Guglia la bandiera valdese sventolò ancora per qualche giorno, ma anche quest’ultimo bastione, difeso con furore, cadde il 7 maggio. I prigionieri furono avviati in lunghe file verso le prigioni di Luserna.
Dalla testimonianza di Bartolomeo Salvagiot: “Restammo in prigione lo spazio di 15 giorni, e ogni momento giungeva altra povera gente, e i soldati strappavano dentro le braccia delle madri i loro bambini, come lupi rapaci. E chi non si catolizò, si fece partire per Torino, ed al sortire dalla porta di Luserna vi era una gran moltitudine che guardava e gridava: «Andè, andè, eretic, rasa del diao! E goardé 'ncora na volta voste montagne, e peui mai pi!»
E così noi andavamo in mezzo a quei soldati come povere pecore in mezzo ai lupi. E quando arrivammo alla Cittadella erano le dieci di sera. Eravamo all’incirca duecento,ci diedero una minestra e poi ci misero una paiassa ogni tre per la notte “.
A travers le grillage je vois de ma prison
reverdir le feuillage, fleurir le vert gazon.
Je vois de ma fenetre l’hirondelle a fuir:
le primtemps va renaitre
et moi je vais mourir, et moi je vais mourir.
Malgré la double porte pour moi close à jamais,
l'écho lointain m'apporte les refrains que j'aimais;
le chalumeau champêtre recommence à gémir:
le printemps va renaître, et moi je vais mourir!
J’entends ma tendre mère m’appeler par mon nom,
je vois aussi mon père auprès de ma prison:
près de vous je veux être, o mon Dieu viens m’ouvrir !
Le printemps va renaître, et moi je vais mourir!
E mentre i prigionieri, deportati in 14 castelli e fortezze del Piemonte, da Saluzzo a Fossano, da Trino Vercellese a Verrua Savoia, vi muoiono di fame, di stenti e di malattie, nelle valli, da Bobbio ad Angrogna, da Pramollo a Prali, le proprietà dei valdesi vengono confiscate e messe all’incanto a favore del demanio
“Aloura souma sì! L’asta è aperta! Andiamo con ordine: Prima Bobbio e poi Villar. Seve mai stait Beubi? Bel post! Un luogo incantevole. Sentite qua: luogo più montuoso vicino al Pellice, che lo corrode attualmente. E’ il primo luogo che si trova venendosi dalla Fransa per la strada di Mirabocco. Ha poco piani, ma raccoglie segale, fieno, castagne e noci, ma puoco vino… Beh, pasisensa, su da si a i e pa ‘d vigne…Però, deh, tensioun brava gent! 250 giornate in collina, 300 a prati, 500 di castagneti… Eh, si, Bobbio terra di castagne in saecula seculorum, amen! E peui decine e decine di Alpi, che servono per i pascoli delli bestiami, i quali a loro volta fanno le druggie- che a saria peui la druggia, il letame, per detti beni detti del Banchetto, della Pissa, della Rossa, del Pizzo aperto ( pizzo aperto? Boh?!?), di Crosenna e di Giuliano.
E Villar? Pì bel ancoura, el Vilar! Senti sì: Ha una bella piana- mei che a Beubi- con cavate di segale e di vini, anche se un po’ lingeri, fieni, noci e castagne, con qualche maroni, per fé ‘l Mont Blanc..Na delisia! E poi naturalmente anche an bele lì a i e i arp, tanti alpi per il pascolo del bestiame: la Gianna, la Chiabra… la Chiabraressa? Monmauro (ciamo mi che nom?!), poi il Giasso di Còugis, di Subiasco, Balma, di Riccardo e di … Chi..siano o Chiniano, as capi spa se al e na vi o na enne, gnanca boun a scrivi! Comunque, una d’le doue a l’è justa!
E peui non l’è finita: gli uomini di questi luoghi , oltre alla cultura dei beni, si industriano – o meglio si industriavano, perché ai n aie bele papì gnun- in lavori di drappi, tele e molti lavori assi – a saria i menuzié- oltre il commercio di bestiami bovini e lanuti.
N’ultima infourmasioun: le famiglie prima della guerra erano di 12 cattolici o cattolizzati e 118 religionari a Bobbio ( tui barbèt a Beubi!) e di 68 catoli o catalizzati e 163 religionari a Villar..! E coume peule bin capì, al e restaie couasi pì nhun. Dezèrt!
Per questo, chi vuole comprare la valle deve “penzare” di far venire un puoco di gente, neh? …
Bon, a me smija che al e tut chair! Tutto l’è chiaro!
Allora, forza, signori, avanti! Chi l’e che vuole aprire l’asta? Ecco laggù, bravo! Trantamila lire? Ma da ndoua a ven cou li? ? Da Barge? Ah, ma aloura capisso: Barge e Bagneul, gnanca ‘l diao a i veul! Su, forsa! Andouma! Trantesinc mila lire? Al e pro pa vaire,neh? Coza?? Pagabili in sei anni?? Ma souma mat?!?!? EH? Paura d’ij barbet?? Ma guardatevi da intorno, là! A i na sarà ancora tre o couat che a rompo le bale su per la mountagna, ma i aoutri , coi che a son pa mort, a soun tui en perzoun! E da lì a sortiran mai pì! Ma lassoma pèrdi!
Allora forsa, signori! Un’ altra offerta! Ecco là… Quaranta mila lire? Andouma già mei! Forsa, dai ! Pensate un poco! arbori di castagne, acque fresche, drugge e tranquillità… Trantesinc mila?? T’rive an po’ tard! Stosì a me smija un che a la matin a sta coujà fin che la merda a pousa! ..I ero rivà a 40.000. Chi offre di più ?!? …Cinquantamila da ndoa? Da la Savoia?! Pensè, da la Savoia, la patria del nostro amato duca! , che perui lì a se sta bin.. 51 mila da Carmagnola, bene! Ancora dalla Savoia, Sesantamila! Sesantamila e tutta l’alta valle di Luserna può essere vostra! C’è qualcuno che offre di più?? No??? E allora sesantamila e uno, sesantamila e due, sesantamila e tre?? Aggiudicato! “
In realtà la vendita delle terre di Bobbio e di Vilar, al pari di quelle di Angrogna, di Torre, San Giovanni e di Rorà, si rivelerà presto un pessimo affare. Comprano i ricchi, che hanno i capitali, ma i piccoli agricoltori cattolici, fatti venire come abbiamo visto anche dalla Savoia perché avvezzi al duro clima della montagna, non possono farlo se non indebitandosi con lo stato. Quanto al ripopolamento, meglio non parlarne. O ne parliamo proprio per ricordare che i savoiardi immigrati non hanno ovviamente radici nel paese: finiscono con il vendere le sementi, o cucinarle per mangiare, si scaldano tagliando gli alberi da frutta. Qualcuno prende i sussidi e poi sparisce, anche perché è terrorizzato dalle scorrerie di un gruppo di valdesi rifugiatisi sulle alture di Barma d’Aout e che la storia ci ha consegnato con il nome di “Invincibili”
“Luserna l’anno del Signore 1686, addì 16 del mese di agosto.
Al Signor Ministro di Sua Altezza Reale: In questi ultimi giorni non si son sentiti che omicidi e violenze commessi dai Barbetti nel territorio di Bobbio e Villar contro i paesani, il che ha talmente atterrito i nuovi abitanti di questi luoghi che non si dura da noi puoca fatica nel trattenerli e impedire che non vadino via.
La sera del 20 agosto, infatti, i Barbetti provocavano la morte di 7 abitanti savoiardi mettendone in fuga molti altri in preda a un grande panico. Alcuni rimasero così atterriti da giurare di voler partire e non fare più ritorno in queste terre malaugurate.
Occorre pertanto che Vostra Eccellenza prenda provvedimenti contro il puoco servizio che rende a Sua Altezza la soldatesca, per fare dare il sfratto a quei pochi ribelli che infestano questo cantone.
Firmato: Provana”
Già, un pugno di ribelli, che aveva alla sua testa i capitani Pol Plenc del Villar e Davì Moundoun di Bobbio. Spinti dalla fame e dalla disperazione, ebbri di vendetta per lo scempio della loro gente e per l’usurpazione dei loro beni, scendevano a valle, piombando come fulmini , sia di giorno che di notte, sui nuovi coloni, seminando il panico tra gli acquirenti, danneggiando e saccheggiando i raccolti dei campi che erano stati in gran parte frutto delle loro fatiche.
Altre volte assediavano i piccoli presidi militari, per ricavarne armi e munizioni, assaltavano convogli di viveri e ancora di munizioni, razziavano capi di bestiame ai cattolici e ai cattolizzati, spingendosi anche oltre le montagne, come quella volta che assaltarono Crissolo saccheggiando i villaggi e asportando mucche, pecore e capre, e tutto quanto poteva loro servire.
Nel giro di qualche settimana la presenza di questi inafferrabili nemici divenne per le autorità della valle, che sedevano in quel di Luserna, un incubo. Le notizie erano ogni giorno peggiori, e non si sapeva come fare per sbarazzarsi di loro. Ci fu addirittura chi avanzò l’idea di liberare dei criminali dalle carceri, garantendo la loro libertà in cambio di questi invincibili guerriglieri, che combattevano seguendo l’esempio di Janavel.
“ Hieri sera seguirono tre homicidi non lungi un tiro di pistola da Bobbio nella persona di un acquistatore di beni e di due contadini, olte un altro malamente ferito. Ritengo sia molto difficile che le nostre truppe, per quanto vigilanti, possino rimediare a questi inconvenienti, a meno che S.A.R. non si risolva di permettere che un buon numero di questi risoluti scorrino queste montagne per muovere alla cattura a questi ribelli e costringerli a partire da queste valli”
Ma la tradizionale prudenza dei Savoia, che da sempre preferivano il compromesso allo scontro, risolverà il problema dietro le quinte, e nella prima metà di settembre – sempre del 1686- alla Perlà di Bobbio ebbe luogo un incontro tra gli Invincibili e gli ufficiali ducali, e si arrivò ad un accordo.
I ribelli potranno emigrare in Svizzera con le loro armi e quant’altro vorranno portare con sé, più vitto r alloggio pagato fino alle porte di Ginevra ( dove li aspetta Gianavello). I loro congiunti, una volta liberati dalla prigionia, potranno unirsi a loro. Un accordo ovviamente mai messo per iscritto, ma che andrà comunque a buon fine. Nel giro di quindici giorni un primo gruppo di ribelli di Bobbio e Villar si avvierà verso la Svizzera su bestie da soma messe a loro disposizione dalle autorità ducali. Un secondo gruppo, composto all’incirca da 80 persone, si muoverà poche settimane dopo.
Le valli già dei religionari, da Bobbio ad Angrogna, da San Giovanni alla val San Martino, così pensava il giovane duca, presto rifioriranno, e diventeranno un giardino di fede e di cultura di Santa Romana Chiesa, finalmente libere della peste riformata. Ma purtroppo per il rampollo di casa Savoia, le cose andranno diversamente.
Gli Invincibili ritorneranno nelle loro valli tre anni dopo, e con loro anche gli altri esuli che nel frattempo erano stati tirati fuori dalle prigioni piemontesi, e condotti al di là del Moncenisio. Divisi in compagnie, una per ogni comunità, 900 uomini traghetteranno il lago Lemano nella notte del 27 agosto, sbarcheranno a Yvoire e copriranno i 200 chilometri che li separano dalle valli valdesi a marce forzate, scalando colli e montagne, per una marcia che passerà alla storia come “Il glorioso rimpatrio”, una delle pagine più note della lunga e appassionante vicenda valdese. Ma anche la leggenda degli Invincibili permane nella memoria dei valdesi delle valli, ed è ricordata in questa canzone
Les Invincibles, hommes heroiques, de leurs vallées défenseurs,
resistent au plan diabolique de son altesse persecuteur.
Le mois d’avril d’une triste année il reussirent à se sauver
échappant la cruelle armée des français et des piémontais.
Les Invincibles, sur ces montagnes, déjà leur tête est mise à prix,
sont les vangeurs de nos campagnes toutes envaies par l’ennemi.
De Barma d’Aout ils ont prit l’avance sur cette armée de tyrans
pour chasser les persone étranges qui avaient occupé leurs champs.
Les bubiarels et villarencs sous la guide de Plenc et Mondon
ont tiré leurs femmes et enfants au de hors de toutes prisons
Puis pour la Suisse il sont partis gardés par les soldats piémontais
pour retrouver de là des monts finalement un peu de paix.
Mais bientot reviendrà le jour où de l’exil ils retourneront
a leurs vallées bienaimées, à leurs montagnes, à leurs maisons,
car il n’y a duc ni de Roi Soleil, ni d’empereur ni la paupeté
qui puissent à jamais renfermer les chemins de justice et de paix!
Jean Louis Sappè e Maura Bertin
Fonti:
Augusto Armand Hugon: Storia dei valdesi/2: Dal Sinodo di Chanforan all’emancipazione; Editrice Claudiana, Torino 1974
Arturo Pascal: Le valli durante la prigionia dei valdesi (1686)/parte III Società di Studi Valdesi; Torre Pellice 1966
Giorgio Tourn: I valdesi: la singolare vicenda di un popolo- chiesa; Editrice Claudiana; Torino 1988