venerdì 20 maggio 2022

L'Invincibile omaggio a Castlus

STORIA E STORIE DELLA BELLA SEA, DEL TIMIDO CASTLUS E DEL GELOSO E PERFIDO VANDALIN.  PERO’, CHE BELLA LA ROCCA!

Rimane il mistero insolubile più antico della storia dell’intero universo quello relativo a dove vivesse Dio prima della Creazione ma il quesito esula dalla finalità della storia che vogliamo raccontare. Abbandoniamo, quindi, ogni curiosità, speranza ed ambizione in tal senso e veniamo subito al “dunque” che è collocato al momento in cui Lui decise, per ragioni anch’esse misteriose, di procedere alla Creazione. Un trastullo? Un passatempo? Di certo non uno “scherzo da prete” in quanto quelli vennero dopo…molto dopo!

La logica, sempre che la logica facesse già parte del Creato, dice che per seconda cosa dovette creare i giorni, elemento indispensabile per poterne contare sei e fissare il settimo come riposo. Non pensiamo fosse importante già attribuirgli un nome, per quello ci sarebbe stato tempo più avanti nei secoli, ma il numero di essi si. Fu, questo, il secondo impegno creativo perché non sarebbe stato possibile creare i giorni senza avere deciso, precedentemente, la loro composizione fatta dell’alternarsi di luce e tenebre così come riportato nella “Genesi”.

Rinunciamo ad approfondire ulteriormente l’origine dell’universo e ci dedichiamo al racconto di eventi poco conosciuti ma che risalgono proprio a quei tempi.

“Come detto il tempo impiegato a creare l’universo intero fu di sei giorni, con le loro notti, ed il programma di lavoro prevedeva il riposo nel settimo: fu la notte tra il sesto ed il settimo che Dio si rese conto di essersi completamente scordato di attribuire un “genere” a tutto quanto il creato. Il problema era piuttosto serio in quanto in assenza di un qualche automatismo rigenerativo, in questo caso ri-creativo, avrebbe dovuto ripetere il miracolo della creazione al termine di ogni ciclo di vita.

Che fare allora? Nella sua immensa potenza decise di trasgredire quanto sarebbe stato scritto nei Sacri Testi e quel sabato mattina si mise al lavoro: ad ogni cosa sarebbe stata attribuita l’appartenenza ad un “genere”, dotato di adeguata attrezzatura, che chiamò Maschile o Femminile. Considerò e praticò anche qualche altra sfumatura che arricchisse il suo capolavoro per fare in modo che non fosse tutto così rigidamente bianco o nero: una zona “arcobaleno”, insomma. Con l’implementazione del sabato mattina si era garantito un automatismo che permetteva la continua riproduzione dei principali soggetti della sua creazione ed a sé stesso di svolgere, senza interruzioni ri-creative, il suo eccelso compito di guida spirituale in cielo, in terra ed in ogni luogo!

Nel corso del sabato il suo sguardo si pose sulla Valle Pellice e rimase folgorato da quanta bellezza fosse riuscito a distribuire in quell’angolo del Creato! Furono le asperità montane di fondo valle le prime a vedersi assegnata l’appartenenza di genere: ad una di esse, che il destino avrebbe in futuro chiamato Sea, decise di assegnare il genere femminile a causa dei suoi pendii sinuosi e gentili mentre più in su dominavano due asperità dall’aspetto più infido e selvaggio. Vandalin e Castlus sarebbero stati i loro nomi e con quell’aspetto, non avrebbero potuto che essere classificati come maschi!

La vita dell’universo iniziò a scorrere secondo le regole date fatta salva quella trasgressione avvenuta nel giardino dell’Eden per via di serpenti, mele e umani infidi.  La natura regnava in pace e l’armonia.

Fu in quel contesto post divino che si osservavano, a debita distanza, la Sea ed il Castlus. La vicinanza permetteva loro di scambiarsi qualche sguardo, qualche parola. A tradirli furono, però, i canti degli uccelli che abitavano le loro foreste: una colonna sonora celestiale che fece da sfondo al nascere dell’innamoramento della Sea nei confronti dell’austero dirimpettaio. Dapprima Castlus provò a resistere, dall’alto dei suoi 200 metri di superiorità ma poi il destino si fece carico di dimostrare la tenerezza del suo cuore pur ricoperto dalla dura roccia e un profondo sentimento d’amore avvolse quelle alture.

La relazione, con il tempo, si fece più profonda e con essa crebbe il desiderio di incontrarsi! Fu così che la Sea mosse timidamente i primi passi verso l’amato monte. O meglio, ci provò perché da molto più in alto il Vandalin si era reso conto che qualche cosa di intrigante stesse succedendo e, forse o sicuramente mosso da gelosia, inviava a più riprese ora masse d’acqua ora slavine di neve giù per i suoi canaloni che separavano i due promessi amanti.

I due si fecero più timorosi e prudenti temendo le ire del Vandalin che, avvantaggiato dalla sua posizione dominante, aveva modo di osservare e disturbare la tresca in atto finché una notte la dolce Sea, mossa dal sentimento e, forse, dal coraggio dell’incoscienza approfittò delle tenebre avviandosi verso l’amato.  I dirupi seminati dal Vandalin apparivano terrificanti nel buio della notte e più volte la Sea dovette tornare sui suoi passi alla ricerca del passaggio più agevole tra rocce, larici e qualche animale selvaggio (quelli addomesticati ancora non esistevano N.d.R.) che iniziava ad abitare quei luoghi inospitali.

Giunse ai piedi di Castlus quando albeggiava in una radura sotto un contrafforte roccioso che la nascondeva allo sguardo minaccioso di Vandalin. Il luogo aveva un nome grazioso quasi a sottolinearne il contrasto con l’asprezza che lo circondava. Si chiamava Giabaudin ed accoglieva, nei suoi prati, voraci branchi di caprioli. Fu ad uno di loro che la Sea affidò il compito di salire fino a Castlus per comunicargli, sottovoce, la sua presenza.

Castlus rimase colpito dall’intraprendenza dell’amata e gli mandò a dire di pazientare: lui era collocato sotto lo sguardo diretto di Vandalin e qualsiasi suo movimento avrebbe destato sospetti. Forse era meglio attendere la notte successiva e sarebbe sceso verso Giabaudin. Conosceva bene quei posti, Castlus e sapeva che vicino a Giabaudin c’era un anfratto, nello strapiombo delle rocce, che avrebbe potuto accogliere il loro incontro segreto al riparo da sguardi indiscreti: Bars ‘dla tajola si sarebbe chiamato in seguito per via di fatti che appartenevano alla insipienza che abita il genere umano ma questi eventi futuri non potevano essere a conoscenza di Castlus e della Sea.

Attesero pazientemente, ma con trepidazione, le tenebre della nuova notte. La Sea era ammirata da quanto Castlus sapeva offrirle in attesa dell’evento. Lo sguardo precipitava sulla Valle Pellice scorgendone ogni angolo. I monti che facevano da contorno quelli erano parte anche della sua visuale ma la pianura sottostante era una grande novità. Fu incuriosita da quel piccolo monte che sorgeva in mezzo alle radure pianeggianti e pensò che sarebbe stato bello chiamarla Rocca: che fortuna aveva Castlus ad abitare un simile luogo!

Il giorno passò e l’attesa stava per finire se non che…un Gracchio Alpino, nero come la pece aveva avuto modo di osservare i maneggi che stavano succedendo a Giabaudin. Lui abitava più in su e talvolta scendeva a quote più basse per cercare cibo rovistando nel sottobosco. Era in ottime relazioni con Vandalin per via del vento che soffiando lassù gli permetteva di giocare esibendosi in arditi voli gracchianti ed è per via di questi buoni rapporti che prese a salire fino ad avvisare il “gelosone” di quanto stava avvenendo ai suoi piedi!

Vandalin andò su tutte le furie. Le asperità di Castlus nascondevano al suo sguardo la presenza della Sea ed allora fece precipitare a valle un grande macigno che, giocando di sponda dopo salti e rotolamenti vari, raggiunse Giabaudin con l’intento di colpire la dolce amante di Castlus!  Per poco il macigno non centrò l’obiettivo: la Sea lo vide arrivare e riuscì a nascondersi nei boschi mentre il macigno si posò stanco a valle di una rada erbosa e lì vi rimase per i millenni futuri!

Lo spavento fu così forte che i due amanti decisero di rinviare prudentemente l’atteso incontro…almeno fino alla notte successiva.

Il giorno seguente la Sea trascorse il tempo ad esplorare i boschi che l’avevano protetta dalla furia di Vandalin e si imbatté in uno strano anfratto. Penetrava per decine di metri nel corpo della montagna quasi ad andarne a cercare il cuore. Esplorandolo ebbe una intuizione: quel luogo poteva diventare l’alcova per l’incontro bramato con Castlus! Il nero delatore Gracchio Alpino non avrebbe potuto vederli e così non sarebbero più stati alla mercé dei macigni nel caso in cui fossero stati scoperti ma protetti da quell’anfratto creato, forse, appositamente per favorire il loro incontro!

La Sea richiamò il capriolo latore del messaggio del giorno precedente e lo implorò di risalire dall’amato e riferirgli luogo ed ora del nuovo appuntamento.

Scesero nuovamente le ombre serali e questa volta Castlus poté scendere le sue asperità per incontrarsi con la Sea. Passò accanto al Bars che era ormai notte e pensò a quanto sarebbe stato poetico l’incontro sotto il cielo stellato non fosse stato che… ridiscese ancora qualche metro e vide quel macigno in equilibrio sulle rocce che delimitavano Giabaudin. Povera Sea: se ne fosse stata colpita non sarebbe sopravvissuta! E tutto questo per amor suo, lui che da maschio non aveva trovato il coraggio e l’intraprendenza della Sea!  Si guardò attorno sperso in quel luogo così dolce: osservò il cielo stellato e, nella notte di luna piena, scorse quel piccolo monte nella pianura…pensò anche lui che sarebbe stato bello chiamarlo Rocca! Si, suonava bene!

La sua attenzione venne attirata dall’abbaio del capriolo. Era lì ad attenderlo con l’incarico di condurlo all’alcova prescelta. La Sea lo attendeva trepidando all’ingresso dell’anfratto: dapprima si abbracciarono le ombre allungate dal chiarore lunare, poi l’abbraccio fu reale quando le montagne finalmente si incontrarono!

Penetrarono il buio totale della caverna, qualche riflesso di luna qua e là ne segnalava l’incerto cammino. Il gocciolare dell’acqua di mille sorgenti colorava l’alcova di suoni ancestrali ora veloci e sottili ora lenti e grevi risuonanti nel nido d’amore. Talvolta il muschio attutiva i suoni rendendoli delicati e leggeri. Un letto di foglie accolse gli amanti nella timidezza del debutto amoroso. Poi le effusioni presero il sopravvento e precipitarono nel tanto desiderato turbinio dei sensi.

E si fece giorno ed il giorno fu abitato dai selvatici intenti a pascolare. Nel cielo ripresero a volare dei corvidi. Fu il Gracchio Alpino a rendersi conto di quanto avvenuto notando tra i rami i due amanti uscire dall’anfratto. Il volo verticale fu veloce fino a raggiungere Vandalin per segnalargli l’affronto subito! L’ira che ne scaturì fu devastante: decine e decine di massi furono precipitati dall’alto con l’intento di colpire gli amanti. Rotolarono sempre più giù formando qua e là delle pietraie fino al fondovalle. Castlus e Sea riuscirono a sfuggire alla furia di Vandalin dividendosi e raggiungendo i loro luoghi di origine.

Vandalin non si dette pace per l’affronto subito e pensò di dividere per sempre i due amanti: dall’alto della sua mole fece scendere a valle altri più ripidi e pericolosi canali che dividessero i due monti per renderli inavvicinabili. Li cosparse di ghiaccio in inverno e di selvaggia vegetazione in estate così che per accedervi fosse necessario transitare davanti ai suoi occhi.

Fu da quei tempi che Castlus e Sea divennero immobili come montagne. Ancora oggi i loro sguardi si incrociano ripensando al giorno dell’incontro. A volte i camosci consegnano messaggi d’amore tra i due ma incontrarsi non è più stato possibile. Ripensano a Giabaudin, al Bars e alla inospitale ma sicura caverna divenuta alcova d’amore.  Guardano quel macigno rimasto immobile dove adesso c’è un casolare e le copiose pietraie che interrompono i boschi. Lo sguardo scende fino a quel piccolo monte che in effetti venne chiamato Rocca. Nostalgia? Tanta ma mitigata dalla soddisfazione di avere, anche se un solo giorno, unito le montagne. Meglio, molto meglio vivere di perenni ricordi che di perenni rimpianti!”

…ma le favole non possono finire così senza speranza per un futuro migliore! Ed allora…

Come in tutti i mali d’amore ci pensò il tempo a lenire i dolori e la rabbia di Vandalin. Ce ne volle molto di tempo, addirittura secoli interi ma un giorno il cuore tradito e deluso di Vandalin trovò la sua pace interiore. Guardò Castlus e la Sea e la tenerezza crebbe nel suo cuore. Oramai le montagne erano divise, irrimediabilmente divise ma…un sentiero avrebbe potuto unire i due monti. Il lavoro fu improbo causa l’asperità dei luoghi ma Vandalin riuscì a tracciare un passaggio che, se non poteva permettere nuovi incontri tra i due, poteva farli sentire più vicini. Affidò agli amanti delle corse sui monti il compito di percorrere quel sentiero e di trasportarne profumi e messaggi d’amore.

In fondo, cessata la rabbia, Vandalin si era accorto di quel grazioso piccolo monte laggiù, poco lontano. Talvolta la timidezza lo nascondeva dentro una coltre di nebbia come un amore sfuggente. E come tutti gli amori che fuggono sono vincenti la Rocca entrò nel cuore di Vandalin fino a farlo traboccare di emozioni: e cosa sarà mai la bella Sea?

  

Carlo Degiovanni (Nato e vissuto ai piedi della Rocca e, pro tempore, ospite dei piedi della Sea, del Vandalin e di Castlus)