STORIA E STORIE DELLA BELLA SEA, DEL TIMIDO CASTLUS E DEL GELOSO E PERFIDO VANDALIN. PERO’, CHE BELLA LA ROCCA!
La logica, sempre che la logica facesse già parte del Creato,
dice che per seconda cosa dovette creare i giorni, elemento indispensabile per
poterne contare sei e fissare il settimo come riposo. Non pensiamo fosse
importante già attribuirgli un nome, per quello ci sarebbe stato tempo più
avanti nei secoli, ma il numero di essi si. Fu, questo, il secondo impegno
creativo perché non sarebbe stato possibile creare i giorni senza avere deciso,
precedentemente, la loro composizione fatta dell’alternarsi di luce e tenebre
così come riportato nella “Genesi”.
Rinunciamo ad approfondire ulteriormente l’origine
dell’universo e ci dedichiamo al racconto di eventi poco conosciuti ma che
risalgono proprio a quei tempi.
“Come detto il tempo
impiegato a creare l’universo intero fu di sei giorni, con le loro notti, ed il
programma di lavoro prevedeva il riposo nel settimo: fu la notte tra il sesto
ed il settimo che Dio si rese conto di essersi completamente scordato di
attribuire un “genere” a tutto quanto il creato. Il problema era piuttosto
serio in quanto in assenza di un qualche automatismo rigenerativo, in questo
caso ri-creativo, avrebbe dovuto ripetere il miracolo della creazione al
termine di ogni ciclo di vita.
Che fare allora? Nella
sua immensa potenza decise di trasgredire quanto sarebbe stato scritto nei
Sacri Testi e quel sabato mattina si mise al lavoro: ad ogni cosa sarebbe stata
attribuita l’appartenenza ad un “genere”, dotato di adeguata attrezzatura, che
chiamò Maschile o Femminile. Considerò e praticò anche qualche altra sfumatura
che arricchisse il suo capolavoro per fare in modo che non fosse tutto così
rigidamente bianco o nero: una zona “arcobaleno”, insomma. Con
l’implementazione del sabato mattina si era garantito un automatismo che
permetteva la continua riproduzione dei principali soggetti della sua creazione
ed a sé stesso di svolgere, senza interruzioni ri-creative, il suo eccelso
compito di guida spirituale in cielo, in terra ed in ogni luogo!
Nel corso del sabato il
suo sguardo si pose sulla Valle Pellice e rimase folgorato da quanta bellezza
fosse riuscito a distribuire in quell’angolo del Creato! Furono le asperità
montane di fondo valle le prime a vedersi assegnata l’appartenenza di genere: ad
una di esse, che il destino avrebbe in futuro chiamato Sea, decise di assegnare
il genere femminile a causa dei suoi pendii sinuosi e gentili mentre più in su
dominavano due asperità dall’aspetto più infido e selvaggio. Vandalin e Castlus
sarebbero stati i loro nomi e con quell’aspetto, non avrebbero potuto che
essere classificati come maschi!
La vita dell’universo
iniziò a scorrere secondo le regole date fatta salva quella trasgressione
avvenuta nel giardino dell’Eden per via di serpenti, mele e umani infidi. La natura regnava in pace e l’armonia.
Fu in quel contesto
post divino che si osservavano, a debita distanza, la Sea ed il Castlus. La
vicinanza permetteva loro di scambiarsi qualche sguardo, qualche parola. A
tradirli furono, però, i canti degli uccelli che abitavano le loro foreste: una
colonna sonora celestiale che fece da sfondo al nascere dell’innamoramento
della Sea nei confronti dell’austero dirimpettaio. Dapprima Castlus provò a
resistere, dall’alto dei suoi 200 metri di superiorità ma poi il destino si
fece carico di dimostrare la tenerezza del suo cuore pur ricoperto dalla dura
roccia e un profondo sentimento d’amore avvolse quelle alture.
La relazione, con il
tempo, si fece più profonda e con essa crebbe il desiderio di incontrarsi! Fu
così che la Sea mosse timidamente i primi passi verso l’amato monte. O meglio,
ci provò perché da molto più in alto il Vandalin si era reso conto che qualche
cosa di intrigante stesse succedendo e, forse o sicuramente mosso da gelosia,
inviava a più riprese ora masse d’acqua ora slavine di neve giù per i suoi
canaloni che separavano i due promessi amanti.
I due si fecero più
timorosi e prudenti temendo le ire del Vandalin che, avvantaggiato dalla sua
posizione dominante, aveva modo di osservare e disturbare la tresca in atto finché
una notte la dolce Sea, mossa dal sentimento e, forse, dal coraggio
dell’incoscienza approfittò delle tenebre avviandosi verso l’amato. I dirupi seminati dal Vandalin apparivano
terrificanti nel buio della notte e più volte la Sea dovette tornare sui suoi
passi alla ricerca del passaggio più agevole tra rocce, larici e qualche
animale selvaggio (quelli addomesticati ancora non esistevano N.d.R.) che
iniziava ad abitare quei luoghi inospitali.
Giunse ai piedi di
Castlus quando albeggiava in una radura sotto un contrafforte roccioso che la
nascondeva allo sguardo minaccioso di Vandalin. Il luogo aveva un nome grazioso
quasi a sottolinearne il contrasto con l’asprezza che lo circondava. Si
chiamava Giabaudin ed accoglieva, nei suoi prati, voraci branchi di caprioli.
Fu ad uno di loro che la Sea affidò il compito di salire fino a Castlus per
comunicargli, sottovoce, la sua presenza.
Castlus rimase colpito
dall’intraprendenza dell’amata e gli mandò a dire di pazientare: lui era collocato
sotto lo sguardo diretto di Vandalin e qualsiasi suo movimento avrebbe destato
sospetti. Forse era meglio attendere la notte successiva e sarebbe sceso verso
Giabaudin. Conosceva bene quei posti, Castlus e sapeva che vicino a Giabaudin
c’era un anfratto, nello strapiombo delle rocce, che avrebbe potuto accogliere
il loro incontro segreto al riparo da sguardi indiscreti: Bars ‘dla tajola si
sarebbe chiamato in seguito per via di fatti che appartenevano alla insipienza
che abita il genere umano ma questi eventi futuri non potevano essere a
conoscenza di Castlus e della Sea.
Attesero pazientemente,
ma con trepidazione, le tenebre della nuova notte. La Sea era ammirata da
quanto Castlus sapeva offrirle in attesa dell’evento. Lo sguardo precipitava
sulla Valle Pellice scorgendone ogni angolo. I monti che facevano da contorno
quelli erano parte anche della sua visuale ma la pianura sottostante era una
grande novità. Fu incuriosita da quel piccolo monte che sorgeva in mezzo alle
radure pianeggianti e pensò che sarebbe stato bello chiamarla Rocca: che
fortuna aveva Castlus ad abitare un simile luogo!
Il giorno passò e
l’attesa stava per finire se non che…un Gracchio Alpino, nero come la pece
aveva avuto modo di osservare i maneggi che stavano succedendo a Giabaudin. Lui
abitava più in su e talvolta scendeva a quote più basse per cercare cibo
rovistando nel sottobosco. Era in ottime relazioni con Vandalin per via del
vento che soffiando lassù gli permetteva di giocare esibendosi in arditi voli
gracchianti ed è per via di questi buoni rapporti che prese a salire fino ad
avvisare il “gelosone” di quanto stava avvenendo ai suoi piedi!
Vandalin andò su tutte
le furie. Le asperità di Castlus nascondevano al suo sguardo la presenza della
Sea ed allora fece precipitare a valle un grande macigno che, giocando di
sponda dopo salti e rotolamenti vari, raggiunse Giabaudin con l’intento di
colpire la dolce amante di Castlus! Per
poco il macigno non centrò l’obiettivo: la Sea lo vide arrivare e riuscì a
nascondersi nei boschi mentre il macigno si posò stanco a valle di una rada
erbosa e lì vi rimase per i millenni futuri!
Lo spavento fu così
forte che i due amanti decisero di rinviare prudentemente l’atteso
incontro…almeno fino alla notte successiva.
Il giorno seguente la
Sea trascorse il tempo ad esplorare i boschi che l’avevano protetta dalla furia
di Vandalin e si imbatté in uno strano anfratto. Penetrava per decine di metri
nel corpo della montagna quasi ad andarne a cercare il cuore. Esplorandolo ebbe
una intuizione: quel luogo poteva diventare l’alcova per l’incontro bramato con
Castlus! Il nero delatore Gracchio Alpino non avrebbe potuto vederli e così non
sarebbero più stati alla mercé dei macigni nel caso in cui fossero stati
scoperti ma protetti da quell’anfratto creato, forse, appositamente per
favorire il loro incontro!
La Sea richiamò il
capriolo latore del messaggio del giorno precedente e lo implorò di risalire
dall’amato e riferirgli luogo ed ora del nuovo appuntamento.
Scesero nuovamente le
ombre serali e questa volta Castlus poté scendere le sue asperità per
incontrarsi con la Sea. Passò accanto al Bars che era ormai notte e pensò a
quanto sarebbe stato poetico l’incontro sotto il cielo stellato non fosse stato
che… ridiscese ancora qualche metro e vide quel macigno in equilibrio sulle
rocce che delimitavano Giabaudin. Povera Sea: se ne fosse stata colpita non
sarebbe sopravvissuta! E tutto questo per amor suo, lui che da maschio non aveva
trovato il coraggio e l’intraprendenza della Sea! Si guardò attorno sperso in quel luogo così
dolce: osservò il cielo stellato e, nella notte di luna piena, scorse quel
piccolo monte nella pianura…pensò anche lui che sarebbe stato bello chiamarlo
Rocca! Si, suonava bene!
La sua attenzione venne
attirata dall’abbaio del capriolo. Era lì ad attenderlo con l’incarico di condurlo
all’alcova prescelta. La Sea lo attendeva trepidando all’ingresso dell’anfratto:
dapprima si abbracciarono le ombre allungate dal chiarore lunare, poi
l’abbraccio fu reale quando le montagne finalmente si incontrarono!
Penetrarono il buio
totale della caverna, qualche riflesso di luna qua e là ne segnalava l’incerto
cammino. Il gocciolare dell’acqua di mille sorgenti colorava l’alcova di suoni
ancestrali ora veloci e sottili ora lenti e grevi risuonanti nel nido d’amore.
Talvolta il muschio attutiva i suoni rendendoli delicati e leggeri. Un letto di
foglie accolse gli amanti nella timidezza del debutto amoroso. Poi le effusioni
presero il sopravvento e precipitarono nel tanto desiderato turbinio dei sensi.
E si fece giorno ed il
giorno fu abitato dai selvatici intenti a pascolare. Nel cielo ripresero a
volare dei corvidi. Fu il Gracchio Alpino a rendersi conto di quanto avvenuto
notando tra i rami i due amanti uscire dall’anfratto. Il volo verticale fu
veloce fino a raggiungere Vandalin per segnalargli l’affronto subito! L’ira che
ne scaturì fu devastante: decine e decine di massi furono precipitati dall’alto
con l’intento di colpire gli amanti. Rotolarono sempre più giù formando qua e
là delle pietraie fino al fondovalle. Castlus e Sea riuscirono a sfuggire alla
furia di Vandalin dividendosi e raggiungendo i loro luoghi di origine.
Vandalin non si dette
pace per l’affronto subito e pensò di dividere per sempre i due amanti:
dall’alto della sua mole fece scendere a valle altri più ripidi e pericolosi
canali che dividessero i due monti per renderli inavvicinabili. Li cosparse di
ghiaccio in inverno e di selvaggia vegetazione in estate così che per accedervi
fosse necessario transitare davanti ai suoi occhi.
Fu da quei tempi che
Castlus e Sea divennero immobili come montagne. Ancora oggi i loro sguardi si
incrociano ripensando al giorno dell’incontro. A volte i camosci consegnano
messaggi d’amore tra i due ma incontrarsi non è più stato possibile. Ripensano a
Giabaudin, al Bars e alla inospitale ma sicura caverna divenuta alcova
d’amore. Guardano quel macigno rimasto
immobile dove adesso c’è un casolare e le copiose pietraie che interrompono i
boschi. Lo sguardo scende fino a quel piccolo monte che in effetti venne
chiamato Rocca. Nostalgia? Tanta ma mitigata dalla soddisfazione di avere,
anche se un solo giorno, unito le montagne. Meglio, molto meglio vivere di
perenni ricordi che di perenni rimpianti!”
…ma le favole non possono finire
così senza speranza per un futuro migliore! Ed allora…
Come in tutti i mali
d’amore ci pensò il tempo a lenire i dolori e la rabbia di Vandalin. Ce ne
volle molto di tempo, addirittura secoli interi ma un giorno il cuore tradito e
deluso di Vandalin trovò la sua pace interiore. Guardò Castlus e la Sea e la
tenerezza crebbe nel suo cuore. Oramai le montagne erano divise,
irrimediabilmente divise ma…un sentiero avrebbe potuto unire i due monti. Il
lavoro fu improbo causa l’asperità dei luoghi ma Vandalin riuscì a tracciare un
passaggio che, se non poteva permettere nuovi incontri tra i due, poteva farli
sentire più vicini. Affidò agli amanti delle corse sui monti il compito di
percorrere quel sentiero e di trasportarne profumi e messaggi d’amore.
In fondo, cessata la
rabbia, Vandalin si era accorto di quel grazioso piccolo monte laggiù, poco
lontano. Talvolta la timidezza lo nascondeva dentro una coltre di nebbia come
un amore sfuggente. E come tutti gli amori che fuggono sono vincenti la Rocca
entrò nel cuore di Vandalin fino a farlo traboccare di emozioni: e cosa sarà
mai la bella Sea?
Carlo Degiovanni (Nato e vissuto ai piedi della Rocca e, pro
tempore, ospite dei piedi della Sea, del Vandalin e di Castlus)